Usare bene il cambio? E che ci vuole? La prima volta che siamo saliti in sella abbiamo imparato ad usare la frizione, e poi non ci abbiamo più fatto caso. O forse avremmo dovuto?
Gli unici momenti in cui ci si ricorda del piede sinistro è quando si incappa in una sfollata, oppure quando non entra il rapporto successivo, oppure si cade e si spezza la leva. Nulla di particolarmente strano, dunque. In fin dei conti, esattamente come nel caso dell’acceleratore e delle leve del freno e della frizione, usare il pedale del cambio dovrebbe essere un movimento automatico, di cui non preoccuparsi troppo.
C’è comunque qualche aspetto che vale la pena di considerare, come ad esempio il regime di rotazione in cui passiamo al rapporto successivo. Quanto sono rapide le nostre cambiate, e quanto “puntiamo” il gas tra una marcia e l’altra? Quando scaliamo, certe volte facciamo bloccare la ruota posteriore? E che succede all’interno della scatola del cambio, ogni volta che impegniamo la leva? Ecco i nostri consigli per imparare a usare bene il cambio.
1. Tenerli bassi
Come regola generale, usare il cambio è più facile ai regimi inferiori, o quando si dà tempo ai giri motore di calare tra una marcia e l’altra. La tecnica di base prevede di toccare velocemente la leva del cambio, in su o in giù, mentre simultaneamente chiudiamo il gas e tiriamo la frizione.
2. Selezione naturale
Da parte del pilota, il modo più favorevole per usare bene il cambio e per far lavorare bene gli ingranaggi è il seguente: accelerare in un certo rapporto; permettere un breve calo nel regime di rotazione durante l’azionamento della frizione; inserire il rapporto successivo; rilasciare la frizione; riaprire la manopola dell’acceleratore.
Tanto più veloce si vorrà che sia il nostro ritmo, tanto più rapidamente andranno eseguiti questi passi, con tempismo sempre crescente. Idealmente, ogni cambiata non dovrebbe richiedere più di pochi decimi di secondo.
3. Usare il cambio come “quelli bravi”
Un’altra tecnica su cui fare pratica è quella di alleggerire appena il gas (per riaprirlo subito dopo), e fare la stessa cosa con l’azionamento della leva della frizione. Il fine è quello di togliere carico alla trasmissione per il tempo strettamente sufficiente all’inserimento del rapporto, e a far ingranare le ruote dentate del cambio senza sforzi eccessivi.
Quando si arriva a padroneggiare alla perfezione questa tecnica – sia come precisione, sia come velocità – è possibile inserire il rapporto superiore persino senza azionare la frizione; basterà chiudere con estrema rapidità l’acceleratore e, nello stesso istante, inserire la marcia con un movimento rapido e deciso del piede, sfruttando il calo di carico sugli ingranaggi.
4. Il regime costante
Sebbene sembri contraddire quanto detto a proposito dell’inserimento senza sforzi meccanici della marcia, cercate di minimizzare il calo di giri tra un rapporto e l’altro. Quindi, tenete d’occhio il contagiri (o, ancora meglio, prestate orecchio al suono del motore) e cercate di farlo scendere quanto meno possibile prima di riapplicare carico al motore.
5. Meno coppia retrograda
Alcune trasmissioni sono più difficili da usare di altre: richiedono più sforzo alla leva e sembrano più rumorose. Comunque, finché funzionano regolarmente, non c’è di che preoccuparsi.
Tenere il motore su di giri qualche volta può rendere difficile il cambio di marcia, perché l’inerzia degli alberi del cambio vi gioca a sfavore. In teoria, è difficile cambiare anche quando la ruota posteriore sta slittando, perché non c’è sufficiente “coppia retrograda” (quella che tende a rallentare la rotazione) da parte della ruota.
6. La doppietta
Dare un colpetto di gas con la frizione tirata (la famosa “doppietta”), aiuta la cambiata perché si aumenta la velocità di rotazione dell’albero di ingresso del cambio e degli ingranaggi su di esso calettati. In definitiva, serve ad avvicinare le velocità di rotazione degli ingranaggi a quella che avevano prima che tiraste la frizione.
Questa azione era necessaria anche nel passaggio al rapporto superiore sui motori di diversi decenni fa, ma oggi, a meno che non ci mettiate interi secondi ad azionare il cambio, è del tutto superflua.
7. La scalata
Discorso opposto in scalata, in particolare nelle frenate più decise, in cui eseguire una doppietta a regola d’arte consente di stabilizzare la moto, annullando (o comunque minimizzando) la perdita di aderenza del posteriore causata dall’eccesso di freno motore.
La maggior parte di noi fa più affidamento di quanto si renda conto sul freno motore, visto che quando si tratta di rallentare la moto funziona molto meglio del freno posteriore A seconda della decelerazione voluta, scalare marcia più o meno velocemente aumenta (o decrementa) l’affetto frenante. È per questo che una scalata troppo rapida può causare il bloccaggio e lo slittamento della ruota posteriore.
Quanto più alto è il rapporto, tanto più facile è per la ruota trascinare il motore, e non viceversa. Scalando molto aggressivamente non è improbabile che il regime di rotazione della ruota superi quello del motore. La maggior parte delle volte non c’è alcun bisogno di scalare rapidamente, non vi farà guidare più veloci, e potrebbe rivelarsi pericoloso. Qualche volta però, soprattutto in pista, è inevitabile, se consideriamo le prestazioni offerte dalle ciclistiche e dagli impianti frenanti moderni.
Tutto quanto appena detto, costituisce il motivo della nascita e della crescente diffusione delle frizioni antisaltellamento. Il loro ruolo è compensare la differenza di velocità angolare tra gli alberi del cambio e la ruota posteriore. Le frizioni antisaltellamento non sono altro che un… limitatore meccanico di giri al contrario, perché impediscono alla ruota di cercare di trascinare il motore (e a quest’ultimo di farla bloccare o rallentare troppo bruscamente).
8. Folle e falsa folle
Non riuscite a trovare la folle da fermi? Lasciate leggermente la frizione finché non sta per attaccare, e riprovate. In movimento, invece, non è raro incappare in una falsa folle, che a volte si verifica anche tra 3a e 4a. Una situazione decisamente poco piacevole quando magari si sta scalando in ingresso curva. Se vi succede, una volta passata la strizza, rimettete la marcia superiore, invece di passare a quella inferiore, perché altrimenti rischiate di bloccare la ruota posteriore.
9. Come funziona il cambio: qualche tecnicismo
Prima di entrare nel vivo di qualche informazione tecnica sul cambio meccanico, vale la pena di precisare una cosa in merito al cambio elettronico – o quickshifter, a seconda di come preferite chiamarlo. È vero che questo sistema rende tutto più semplice, arrivando a far dimenticare della leva della frizione nella guida sportiva; specialmente quando dotato dell’ausilio anche alla scalata con doppietta automatica – o downshift blipper. Ma è altrettanto vero che i principi di base sul funzionamento e l’utilizzo del cambio tradizionale restano validi, aiutando a sfruttare meglio le potenzialità del sistema elettronico.
Senza contare che, generalmente, alle basse velocità e ai bassi carichi, il quickshifter è spesso meno efficace e preciso di quanto possa essere il pilota: insomma, per la guida rilassata, in molti casi vale ancora la pena di affidarsi alle proprie capacità.
Il cambio: compito e meccanica
Tornando all’organo meccanico, il compito un cambio di velocità è quello di convertire la coppia generata dal motore in qualcosa che sia utilizzabile per far avanzare la moto all’interno di un ampio spettro di velocità. Tutti i cambi contengono almeno due alberi: uno di ingresso ed uno di uscita.
Il pignone della vostra moto è connesso direttamente all’estremità dell’albero di uscita mentre quello di ingresso è attaccato alla frizione; il cui compito è di trasmettere o meno il moto dall’albero motore al cambio. Questa è la parte semplice. Su ognuno dei due alberi troviamo sei ruote dentate (in un cambio a sei velocità) ognuna delle quali è ingaggiata con un’altra sull’altro albero, da cui la definizione “sempre in presa”. Con tutti e sei i rapporti (le coppie di ruote dentate) in presa, nessuno di essi dovrebbe poter girare, perché ognuno vorrebbe ruotare ad una velocità diversa dall’altro, ma nel nostro caso una ruota dentata, di ciascuna coppia, è “folle”, cioè libera di ruotare.
Questo risolve un problema, ma ne crea un altro, ed è qui che entra in gioco la leva del cambio. Quando si inserisce la prima, si forza il tamburo selettore (un cilindro con tutta una serie di tracce ondulate intagliate sulla sua superficie) a ruotare di una posizione. Ruotando, le tracce sembrano spostarsi lateralmente (un po’ come la cava della punta di un trapano, che mentre gira sembra muoversi verso l’alto). Queste tracce spostano le forchette selettrici all’interno della scatola del cambio, connesse alle ruote dentate che scivolano lateralmente lungo gli alberi.
Potenza alla ruota posteriore
Così, quando si seleziona un rapporto, si causa il movimento di una o più di queste ruote dentate mobili, finché non ingaggiano i propri risalti nelle cave della ruota dentata adiacente (i risalti sono piccoli denti metallici che sporgono dal lato della ruota dentata, e le cave sono loro la copia in negativo).
A questo punto si possono agganciare due ruote dentate e (grazie al collegamento risalto-cava) forzarle a girare come una sola. Quindi, per trasmettere il moto da un albero all’altro, una di queste ruote scivola lateralmente per agganciare la ruota libera del rapporto che stiamo selezionando. A questo punto, i denti delle ruote saranno ingaggiati, e l’albero di uscita sarà forzato a ruotare in proporzione al rapporto di trasmissione definito dall’ingranaggio.