Elettronica più sofisticata, ciclistica aggiornata, forcellone monobraccio e motore Euro 5 più potente: la 959 si è evoluta nella nuova Panigale V2. Ma i miglioramenti dinamici saranno andati di pari passo col nuovo look mozzafiato? In questa prova della Ducati Panigale V2, Lore approfondisce la questione tra i cordoli di Jerez…

Testo: Lore Foto: Milagro

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Circuito di Jerez, mattina presto, primo turno della prova in pista della nuova Ducati Panigale V2. La luce del sole filtra attraverso una coltre di nuvole e l’aria è ancora fresca e carica dell’umidità della notte.

Di solito la prima sessione di un test tra i cordoli viene riservata a prendere le misure alla nuova moto e al circuito – e in effetti è con quest’idea che sono entrato. Ma c’è qualcosa di particolare che mi colpisce fin dai primi metri guidando la V2. Parliamo di una moto da 155cv dichiarati, con motore quasi a cilindrata piena e dotazioni da maxi. Eppure la confidenza che mi trasmette questa Ducati, fin dalle prime curve, sembra di una sportiva nettamente più piccola, facile e docile di quanto non si direbbe leggendo i numeri della scheda tecnica.

Gomito immediato

Ma torniamo a noi. Sono in pista da non più di quattro minuti, giro di riscaldamento compreso. Non sto tirando e non ho nemmeno la scusa per fare un po’ di show davanti ai fotografi, che inizieranno a scattare solo al prossimo turno. Eppure quando mi lancio verso il cordolo interno della curva 7 di Jerez, una lunga piega a sinistra da quarta, mi sento talmente a mio agio, in piena comfort zone, che man mano che l’asfalto mi si avvicina, mi viene istintivo allargare il gomito per vedere che succede.

Non lo faccio nemmeno con troppa convinzione, ma… CRRRRR… Mi scappa una risatina mentre sento la vibrazione dell’asfalto che mi risale su per il braccio, e stento ugualmente a credere a ciò che sta succedendo. Voglio dire, non è certo la prima volta che gratto il gomito in piega durante una sessione in pista; ma mai mi era successo di farlo dopo meno di cinque minuti in sella, su una moto su cui non ero mai salito prima, in un tracciato a cui devo ancora prendere le misure e in condizioni climatiche tutt’altro che ottimali. Sono sinceramente impressionato.

La domanda a questo punto è: sono improvvisamente diventato un fenomeno della piega, o sarà merito della Panigale V2 se mi sono trovato a battezzare gli slider sui gomiti con la velocità con cui Marquez lo fa anche nei giri di riscaldamento? Direi la seconda. Ma andiamo per ordine.

Nuova fuori, nuova dentro

Nella conferenza stampa di presentazione, svoltasi poco prima del test in pista, i responsabili Ducati hanno sottolineato come la nuova Panigale V2 non rappresenti un semplice aggiornamento, bensì un vero e proprio cambio di rotta rispetto alla precedente 959, dettato dall’intenzione di allineare anche l’ultima supersportiva bicilindrica rimasta nel listino di Borgo Panigale allo stile e alle caratteristiche delle più fresche sorelle V4.

Le linee supersexy e i fari a LED ereditati dalla Panigale V4 saltano subito all’occhio, così come il nuovo terminale di scarico ultracompatto, che fa finire dritto in pattumiera il bizzarro doppio silenziatore della 959 e consente di mettere in mostra il cerchio posteriore (ridisegnato) sostenuto dal nuovo, monumentale forcellone monobraccio.

Per quanto riguarda la ciclistica, oltre all’arrivo del nuovo forcellone, vanno segnalati un inedito set-up di base delle sospensioni – più morbido, per favorire il comfort nell’uso stradale e l’efficacia sugli asfalti sconnessi – e una nuova ripartizione dei pesi, con un 1% di carico extra sull’avantreno. Passando al motore, oltre ad avvalersi di un nuovo sistema di scarico, il bicilindrico Superquadro è stato aggiornato con nuovi iniettori e nuovi condotti di aspirazione, che gli consentono di rispettare le normative Euro 5 e portano in dote 5cv e 2Nm extra potenza e coppia massime dichiarate.

Per concludere, anche l’elettronica è stata rivista, avvicinandola alle caratteristiche dei pacchetti utilizzati sulle Panigale V4 2020. Incluso l’utilizzo di un nuovo sistema di intervento “predittivo” del traction control che, sulla carta, dovrebbe renderne ancora più preciso il funzionamento.

Padrone della situazione

Nonostante la pletora di novità annunciate in conferenza stampa, quando salto in sella alla V2 e impugno per la prima volta i suoi semimanubri, le prime sensazioni sono di un’evidente continuità con la 959. Al posto del cruscotto LCD vecchia scuola ho davanti agli occhi un bel TFT a colori – non enorme, ma ben definito e chiaro nelle informazioni mostrate – ma esattamente come in passato, iniziando a pennellare le traiettorie, è il senso di confidenza totale a dominare subito la scena.

Credo sia un mix derivante dalla leggerezza del pacchetto, dall’agilità intrinseca in tutte le Panigale, dalla posizione di guida – con quei manubri così aperti da far concorrenza a una naked – e dalla dolcezza di risposta del motore bicilindrico, unita alla sua fluidità di erogazione. Quello che ne risulta è un riuscitissimo cocktail di “accessibilità sportiva” – una specie di formula magica nella quale le supermedie Ducati hanno sempre eccelso. E se è vero che anche la precedente 959 sembrava coccolarti in un sacco di situazioni, non facendoti mai provare quel timore reverenziale inevitabile sulle SBK da 200cv, sulla V2 la sensazione di avere a che fare con una moto super-sfruttabile e super-accondiscendente, è talmente palese da metterti immediatamente di buon umore.

Erogazione fluida

Mentre alzo progressivamente il ritmo, sempre con la modalità Sport inserita, faccio caso anche agli altri affinamenti della V2. La nuova sella, per esempio, lascia più libertà nei movimenti longitudinali, mentre la prima risposta del motore all’apertura del gas mi sembra più precisa che in passato, smorzando quell’eccesso di prontezza che talvolta sporcava il feeling della 959 su strada o nei tornantini più stretti.

L’erogazione del Superquadro, invece, è rimasta la stessa cascata di miele che era prima: ultrafluido e prevedibile a qualsiasi regime, il V2 da 955cc non è il classico propulsore da “fuoco & fiamme” che vi riempie di adrenalina a ogni manata di gas. Anzi, scendendo da una Maxi (o anche da una MV F3 800) potrebbe sembrare addirittura lento – ma è solo un’impressione.

La potenza, a ben guardare, è da SBK Replica bicilindrica di metà anni 2000, e seppure la progressione sia talmente regolare da mascherare un po’ di grinta in accelerazione, dai 7.000 in su c’è tutta la spinta che serve per uscire molto forte da qualsiasi curva e divorare in fretta ogni rettilineo. Insomma, niente spalle disarticolate, impennate rabbiose o cambi di passo furibondi, ma tanti metri macinati sotto le ruote in una bolla di calma (apparente) quasi surreale.

Facilmente veloce

Le buone sensazioni continuano nelle sessioni successive, quando inserisco il riding mode Race e inizio a darci dentro sul serio: la risposta all’acceleratore si fa più pronta e diretta, ma questo non rende meno gestibile la spinta del bicilindrico.

E per gestibile intendo non solo dal sottoscritto, che se la sta spassando in sella quasi in relax, ma anche dalla nuova ciclistica, col forcellone ereditato dalla sorella maggiore Panigale V4. Nei nostri test abbiamo sottolineato molte volte come la V4 1100, prima dell’aggiornamento 2020, tenda a farsi piuttosto movimentata quando ci si mette a tirarle il collo in pista. Soprattutto in uscita di curva, dove richiede manico, esperienza e un certo pelo sullo stomaco per riuscire a trasformare la sua esuberanza in semplice velocità. Ecco, la V2 è l’esatto opposto. Sembra un distillato rosso di compostezza ed educazione, creato per farvi fare (tanta) strada con una frazione dell’impegno fisico e mentale che dovreste impiegare alla guida di una Maxi.

Non è solo questione di fare meno fatica per andare quasi ugualmente forte: a impressionare è il diverso approccio alla guida consentito da una moto che non ti terrorizza ogni volta che le ribalti il gas. Monoscocca in alluminio, ammortizzatore Sachs ed elettronica allo stato dell’arte gestiscono con una tale precisione il retrotreno, da lasciarti libero di concentrarti sull’anteriore, sulle traiettorie da disegnare, sul momento giusto per riaprire, invitandoti a forzare sempre un po’ di più giro dopo giro.

Precisione ciclistica ed elettronica impeccabile

Ed è esattamente quello che faccio quando rientriamo in pista per i turni del pomeriggio, deciso a sfruttare le Pirelli Supercorsa in mescola (SC1 all’anteriore ed SC2 al posteriore per il test a Jerez) e l’assetto adeguato alla pista dai tecnici Ducati, sulle indicazioni dell’ormai storico (e velocissimo) collaudatore Alessandro Valia. Cerco di avvicinarmi sempre di più al mio limite, limando decimi quasi a ogni giro, eppure l’equilibrio intrinseco nella V2 sembra rimanere inattaccabile. Tiro le frenate fin dentro le curve, e lei si inserisce imperturbabile. Spalanco con sempre più decisione, e tutt’al più si accende per una frazione di secondo la spia del TC sul cruscotto. Accentuo inutilmente postura e angoli di piega davanti ai fotografi per continuare a limare gli slider sui gomiti, e lei sta al gioco senza alcuna protesta.

Oltretutto, avendo guidato in passato una 959 in condizioni simili (gomme in mescola e assetto dedicato), posso affermare con certezza che la Panigale V2 porta a un livello superiore la competenza (e la velocità) tra i cordoli delle supermedie Ducati. Non che la 959 fosse pigra nell’andare alla corda, ma non ricordo una simile, chirurgica precisione dell’avantreno nel puntare esattamente quel granello di asfalto, o nel chiudere le curve, anche quelle battezzate con un pizzico di entusiasmo in eccesso.

Pure i freni sono sostanzialmente impeccabili, e con loro l’ABS regolabile, con almeno due impostazioni valide per la pista: il livello 2, dedicato agli amatori e con funzione cornering attiva, si fa sentire giusto nelle staccate più cattive – come mi è capitato quando ho sorpassato un collega appena più lento di me alla frenata dopo il rettilineo di ritorno. Il livello 1, invece, è attivo solo all’anteriore e solo a moto dritta. E, in tutta sincerità, a Jerez non sono mai riuscito a chiamarlo in causa.

A proposito di regolazioni elettroniche, negli ultimi due turni provo anche le diverse impostazioni del freno motore, del traction control e dell’anti impennata separato. Ma al di là delle mie preferenze (freno motore al massimo, TC a 2 di 8 livelli e anti wheelie spento), posso dire che in quanto a efficacia degli aiuti e possibilità di regolazione, la Panigale V2 è sicuramente a livello delle migliori SBK replica in circolazione. E in ogni caso, per come è equilibrata, credo sia una delle poche sportive moderne che si potrebbero guidare con uguale soddisfazione (e tempi sul giro altrettanto notevoli), anche con tutti gli aiuti spenti.

Quindi, com’è?

Alla fine di questa giornata, stanco e soddisfatto, ma non ridotto a uno straccio come sarei stato dopo altrettanti giri in pista con una qualsiasi maxisportiva moderna, mi viene naturale chiedermi come mai siano rimaste solo Ducati e MV Agusta, con la F3 800, a credere nella categoria delle super-medie. Sono moto che offrono altissimi livelli di divertimento, restando allo stesso tempo relativamente accessibili – eppure nessun altro le costruisce.

Questa Panigale V2, in particolare, fa del magnifico equilibrio tra le parti il suo più grande punto di forza. Il motore ha tutta la birra che serve per divertirsi, ma senza lasciarsi andare a eccessi di brutalità, mentre elettronica e ciclistica lavorano di concerto per costruirvi attorno un pacchetto affilato ma sfruttabile – anche per quelli che non sono manici di prima categoria.

A volerle trovare il pelo nell’uovo, forse alla V2 mancano un po’ del carattere e di quel senso di coinvolgimento che si provano guidando a cannone una F3 800. Ma si tratta due filosofie motoristiche diverse – in questo caso è questione di gusti.

Per finire, dato che la 959 mi è sempre piaciuta anche come sportiva stradale, sarei curioso di verificare quanto il nuovo assetto di serie (più libero di idraulica) abbia migliorato la V2 nell’uso lontano dai cordoli. Quello che posso dire per ora è che, se siete alla ricerca di una sportiva da pista che vi faccia divertire come matti e andare forte come forse non pensavate di saper fare, la Panigale V2 è probabilmente la miglior moto che vi possiate comprare.

Prova Ducati Panigale V2: la tecnica

Motore

Il Superquadro da 955cc è ora omologato Euro 5, ma il lavoro di aggiornamento del propulsore si è spinto oltre il semplice adeguamento antinquinamento, ottenuto principalmente tramite lo scarico riprogettato. Grazie a nuovi iniettori (due per cilindro) e a nuovi condotti di aspirazione, la potenza sale a 155cv (+5) a 10.750 giri e la coppia a 104Nm (+2) a 9.000 giri. Invariate le altre caratteristiche del propulsore, a partire dall’alesaggio di 100mm e dal rapporto di compressione di 12,5:1, fino ai diametri delle valvole di aspirazione e scarico (rispettivamente 41,8 e 34mm). Confermate anche le tante piccole finezze del precedente motore, tra cui spicca il rivestimento DLC per i bilancieri del sistema Desmodromico.

Elettronica

Qui il passo avanti della V2 rispetto alla 959 Panigale è generazionale. Arriva infatti una piattaforma inerziale a 6 assi, che fornisce i dati a un pacchetto di aiuti alla guida basato su nuovi algoritmi, gli stessi implementati sulla V4 2020. Ci sono dunque Cornering ABS Evo, Ducati Wheelie Control Evo, Ducati Quick Shift Up & Down Evo 2, Engine Brake Control Evo e Ducati Traction Control Evo 2. Quest’ultimo, in particolare, si distingue per la sua strategia di intervento “predittivo”, che gli consente di lavorare in maniera più tempestiva e meno invasiva.

Telaio

Il monoscocca fuso in alluminio è stato confermato. Il propulsore è dunque ancora sfruttato come elemento strutturale, mentre il telaio funge anche da airbox. Tutto nuovo il forcellone, che diventa monobraccio, mentre a parità di inclinazione del cannotto (24°) e avancorsa (94mm), l’interasse cresce leggermente, fino a quota 1.436mm (+5).

Ergonomia

Il nuovo vestito ha portato in dote anche un’ergonomia rivista, grazie alla sella più lunga di 20mm e con un’imbottitura più spessa di 5mm: due modifiche pensate soprattutto nell’ottica del comfort stradale. Invariata invece la posizione di pedane e semimanubri.

Freni, cerchi e gomme

Confermato in toto l’impianto frenante Brembo, con dischi da 320mm, pompa radiale e pinze monoblocco M4.32. Il cerchio posteriore è stato ridisegnato per sfruttare l’impatto estetico del monobraccio, mentre le gomme di primo equipaggiamento sono Pirelli Diablo Rosso Corsa II, con posteriore da 180/60.

Sospensioni

Il comparto sospensioni vede ancora una Showa BPF con steli da 43mm all’anteriore e un mono Sachs completamente regolabili, con in più un ammortizzatore di sterzo, sempre Sachs. A parità di componenti, tuttavia, non mancano le modifiche. Il set-up idraulico di serie è più morbido, per favorire l’utilizzo stradale, mentre il mono è più lungo di 2mm e ha anche un nuovo pacco lamellare. Tutto questo, unito alla forcella sfilata di 2mm, contribuisce a portare il 52% del peso sulla ruota anteriore (+1% rispetto a prima).