Quando si tratta di andare veloci in pista, non bastano centinaia di giri di allenamento, diete fantasiose e infinite ore tra palestra e bici; serve una preparazione totale. Prima di tutto deve funzionare la mente. E anche quella, come ci spiega il nostro pilotino redazionale Tim, è qualcosa che si può allenare…
Testo: Tim Foto: Archivio SBI
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Belli i tempi in cui era normale nel paddock fare festa per tutto il fine settimana, coi piloti che si ubriacavano la sera prima delle gare e qualcuno (quando si poteva) che arrivava a fumarsi le sigarette sulla linea di partenza. Parliamo di 25 anni fa o più, epoca in cui il talento era l’unica cosa che contava, e stare fuori dal coro non faceva comunque alcuna differenza per i risultati.
Anzi, l’immagine del pilota “bad boy” era quasi un valore aggiunto, sia per farsi amare dal pubblico, sia per avere ancor più successo con le ragazze. Ma allora cosa diavolo è cambiato nel frattempo? Semplice, il livello dei campionati si è elevato paurosamente.
Allo stesso tempo il giro di soldi, sponsor, diritti TV e via dicendo si è spinto a livelli tali da non lasciare più spazio per alcun tipo di improvvisazione in alcun aspetto delle gare. Quei piloti a cui una volta era sufficiente far valere il proprio innato talento per primeggiare, sono obbligati a trasformarsi in veri e propri atleti, super disciplinati e attenti al minimo dettaglio per riuscire a essere competitivi. Eh sì, perché anche il numero di talenti nelle corse motociclistiche è aumentato a dismisura negli ultimi 10-15 anni; i piloti iniziano più giovani, vengono formarti in apposite scuole, le loro carriere durano più a lungo…
L’asticella si alza stagione dopo stagione. Tutti sono obbligati a cercare quel qualcosa in più che gli permetta di fare la differenza rispetto agli altri. Se si vuole vincere e distinguersi dagli altri, nulla va tralasciato. E questo significa che non si può più solo procedere col cuore e la forza di volontà; quando si lotta per il titolo in un campionato lungo, curare ogni aspetto o è l’unica strategia che paga.
Preparazione totale: dal corpo alla mente
Non è certo un segreto che oggigiorno la preparazione fisica sia diventata un elemento fondamentale nel motociclismo agonistico: ne abbiamo già parlato in vari articoli qui su SuperBike Italia, e se avete dubbi fatevi un giro sui profili social di qualsiasi top rider. Rimarrete a bocca aperta nello scoprire quanto tempo dedichino agli allenamenti tra palestra, fitness e quella che sembra diventata l’ultima moda nei paddock della MotoGP e SBK – le uscite in bici da corsa, con programmi e ritmi da veri pro della disciplina.
Del resto, se avete mai guidato una moto in pista, saprete quanto sia faticoso resistere giro dopo giro alla violenza delle staccate e a tutte le sollecitazioni a cui si viene sottoposti. Bene, fate conto che le gare ai massimi livelli possono durare più di 40 minuti, da trascorrere a ritmi vicini al 100% delle proprie possibilità e gestendo mezzi che, in MotoGP, arrivano a scaricare a terra quasi 300 cavalli.
Senza un’adeguata preparazione fisica, un pilota faticherebbe a reggere più di una manciata di giri – figuriamoci un intero weekend di gara. Fatta questa premessa, vi diciamo qualcosa che potrebbe sconcertarvi: la preparazione fisica è la parte facile della faccenda. Ciò che intendiamo dire è che per qualsiasi pilota di livello, ormai, viene data per scontata la presenza di un preparatore che lo segua e lo aiuti sia per quanto riguarda gli allenamenti fisici, sia per l’alimentazione. Da qualche anno a questa parte, però, si è scoperto che è fondamentale una preparazione totale per consentire a un atleta professionista (come lo è un pilota di moto) di ottenere il massimo da sé stesso lavorando anche sulla mente.
Lavorare sulla psiche
Fino a non molto tempo fa rivolgersi a uno psicologo, nel mondo dello sport era considerato un sintomo di debolezza. Del tipo “se quello ha bisogno dello psicologo per migliorare le sue performance, deve avere qualche rotella fuori posto”. Ma ovviamente si trattava di pregiudizi basati sulla scarsa conoscenza della materia; avete presente quando si dice “è tutta questione di testa”? Beh, in parte è vero. La realtà attuale ci dice che per un atleta, rivolgersi a uno psicologo dello sport per riuscire a ottenere il meglio da sé stesso, non è tanto diverso dal cercare un allenatore di fitness o un nutrizionista. E nessuno ormai ha più dubbi sul fatto che lavorare per avere una preparazione totale comprenda anche allenare la psiche; soprattutto quando i livelli di competizione e la posta in palio si alzano.
Negli ultimi anni è stato istruttivo vedere atleti del calibro di Fabio Quartararo parlare apertamente delle difficoltà col loro lato mentale durante le gare. Ogni pilota si troverà di tanto in tanto a combattere coi propri demoni e non c’è da vergognarsi nell’ammetterlo. Non è una partita facile e c’è molto in gioco, sia che si tratti di gestire il timore o i postumi di un infortunio; ovvero della preoccupazione degli effetti che avranno sulla psiche i danni fisici di una caduta, sia di far fronte alla pressione di lottare per vincere un campionato o semplicemente affrontare la ferita della sconfitta subita dai propri rivali.
L’elenco degli elementi potenzialmente destabilizzanti è infinito e con un atteggiamento mentale sbagliato la situazione può diventare piuttosto opprimente. Può ostacolare la piena espressione del proprio potenziale. A tal proposito, penso di poter parlare di questo argomento con una certa cognizione di causa perché. Lo ammetto, anche io nella mia carriera di pilota ho passato il mio “periodo no”. È stato tutto a livello di testa. E per quanto possa sembrare banale, non è stato un momento facile.
Preparazione totale: scogli mentali
Verso la fine della stagione 2017, avevo iniziato a lottare contro alcuni degli scogli mentali delle corse e pur conscio che questo mi stava rallentando enormemente, non avevo un piano per uscirne. Non riuscivo più a fare cose che fino a pochi mesi prima mi riuscivano con relativa facilità, e più ci pensavo, più la situazione peggiorava. Continuavo a ripetermi cose del tipo “Forza tira fuori le palle…”, “Ragazzo, ti devi svegliare…”, oppure “Ok, ora ti metti il casco, vai in pista e spacchi tutto!” ma erano frasi che, come ho scoperto, funzionano solo nei film.
Stavo perdendo il piacere di correre; mi sentivo sempre sotto pressione e, soprattutto, non capivo se il mio fosse un problema passeggero o se davvero mi fossi scordato come vincere gare in moto. Poi, a fine stagione, parlando con un amico, è saltata fuori la storia di alcuni atleti che si facevano aiutare a livello psicologico. Ho iniziato a documentarmi e alla fine mi sono imbattuto in Craig Muirhead; professionista nel settore della psicologia sportiva, con cui ho preso accordi per lavorare insieme durante la stagione 2018.
Inutile che ve lo dica: è stata una vera svolta per me, non solo per quanto riguarda il mondo delle gare. Ho imparato molto su me stesso durante il corso con Craig. Mi ha reso più consapevole dei miei pensieri e di come mi stavo trattenendo. E volete sapere la cosa ironica? La parte più difficile di tutto è stata la decisione di rivolgermi a lui – ero spaventato a morte dal fatto che qualcuno scoprisse che avevo chiesto aiuto a uno “strizzacervelli”. Ai miei occhi, era quasi solo un altro problema da aggiungere all’elenco: ero imbarazzato persino dal solo aver pensato di aver bisogno di aiuto.
Ritenevo che fosse una grave debolezza per un pilota, e l’ultima cosa che volevo era che i miei avversari lo scoprissero. Guardando indietro, era ridicolo che mi sentissi in quel modo, ma so che non sarà raro che tanti si sentano allo stesso modo. E, lo ribadisco, non si tratta solo di cose apparentemente “futili”, come sbloccare il cervello di un pilota che non riesce più a esprimersi al massimo nelle gare. È qualcosa che mi ha aiutato a tutto tondo.
Mente libera e focalizzata
Col tempo ho anche scoperto che, più si alza il livello della competizione, più la presenza di una parte di lavoro dedicata all’allenamento mentale viene considerata come normale per ottenere una preparazione totale del corpo e della psiche. Pensate alla Formula 1 per esempio – lo sport che probabilmente muove più business per singolo partecipante al mondo. Non solo lì i limiti vengono sfidati con la tecnologia, ma l’approccio a trecentosessanta gradi è la chiave per vincere.
E non sono solo i piloti a seguire un percorso di training mentale, è tutta la squadra a essere coinvolta e allenata. Negli ultimi tempi c’è stato un vero cambiamento nella percezione della psicologia dello sport e del cosiddetto “mindset coaching”, l’allenamento mentale. Per anni, gran parte dei piloti moto hanno trascurato questo aspetto. Si è sempre trattato di andare in palestra col personal trainer o accumulare chilometri in bici, ma il gioco sta cambiando. In realtà, trent’anni fa nessuno andava nemmeno in palestra.
Pensiamo a mostri sacri del calibro di Joey Dunlop e Barry Sheene: si trattava di finire la sigaretta e salire in moto. E anche Valentino Rossi, all’inizio della sua carriera, era famoso per la sua voglia di spassarsela tra una gara e l’altra, non certo perché facesse vita da atleta. È pazzesco che ci sia voluto così tanto tempo per arrivare ad una totale preparazione e attivarsi in tal senso. Quante volte abbiamo sentito un pilota dire: “È tutto nella tua testa”? – oggi non c’è un solo pilota in giro che potrebbe essere meno d’accordo. Sì, c’è bisogno della moto giusta, della squadra giusta e di un buon livello di forma fisica; prima e più di ogni altra cosa serve però che la mente sia a posto, libera, focalizzata. Questa è davvero la base per ottenere buone prestazioni durante la stagione agonistica. Tornando a noi, sono stato uno dei primi “allievi” di Craig e del suo corso “Camino Coaching” nel 2018. Ho imparato molto su me stesso nell’anno in cui abbiamo lavorato insieme. Il programma di Craig si è evoluto da allora e lo stesso vale per il suo portfolio clienti; che si è ampliato in modo sostanziale, vedendolo lavorare con vari piloti nel campionato BSB e molti altri sulla scena mondiale.
Nel 2018 ha iniziato con Sam Lowes, seguito presto da talenti del calibro di John McPhee. Hanno tutti beneficiato della messa a punto delle loro menti per aiutarli ad affrontare le sfide della competizione contro i migliori piloti del mondo. Se accettiamo il presupposto che abbiamo citato in apertura; è del tutto naturale che un pilota di oggi cerchi ogni possibile vantaggio per trovare il più piccolo margine sui propri avversari.
Nei box, i meccanici lavorano duramente per garantire che le moto funzionino al meglio e i costruttori cercano sempre ogni possibile strada per massimizzare la potenza, ridurre al minimo il problemi e migliorare le prestazioni di una moto. Ha quindi perfettamente senso che un pilota debba impegnarsi, con ogni possibile mezzo, nell’ottenere la versione migliore di se stesso. Avere una preparazione totale comprende possedere forte concentrazione, volontà, fiducia e spinta a impegnarsi: ecco le armi più potenti nell’arsenale di un top rider. Immaginiamo la scena di un pilota che sale sulla sua moto e si chiede se ha quello che serve per vincere una gara, se ha il potenziale per battere quel record sul giro o sorpassare nei punti più difficili.
Nelle corse il dubbio è sempre pericoloso, soprattutto per chi vuole raggiungere la vetta. Spesso finisce per trasformarsi in una debolezza naturale, specie dopo una caduta o due, o un inizio di stagione difficile, o addirittura con una moto o un team non al top; è fin troppo comune che i piloti si trovino mentalmente nei guai e quindi svantaggiati. Per fare un esempio, è difficilissimo tenere alta la motivazione di un pilota che corre in un team non competitivo. Se guidi una moto che sai già non ti permetterà di entrare nei primi dieci, farai una fatica enorme a trovare gli stimoli per dare comunque il 100%; come invece ti verrebbe naturale fare all’ultimo giro di una gara in cui ti giochi la vittoria. Stessa cosa se ti convinci che la moto che stai guidando non è fatta per te. Gli esempi illustri qui si sprecano: pensate a Melandri o a Rossi quando erano passati in Ducati, oppure a Bautista quando, dalla Ducati SBK è passato alla Honda. Gli psicologi dello sport vedono in prima persona la realtà dei piloti al loro livello più basso; si impegnano col proprio lavoro a riportarli al meglio. Il problema è che coloro che hanno più bisogno di aiuto sono più spesso quelli che non alzano le mani, non chiedono e si chiudono in se stessi. “Alcune persone sono convinte che lavorare sul proprio atteggiamento mentale sia un segno di debolezza”, spiega Craig.
“L’espressione ‘lavorare sulla testa’ probabilmente non è il miglior modo per definire l’ambito in cui ci si muove, perché sembra connesso alle problematiche di salute mentale, tant’è che molti pensano che aver bisogno di un ‘mental coach’ significhi in primo luogo avere una mentalità debole, almeno tanto da richiedere il supporto di un aiuto esterno. Niente di più lontano dalla realtà! Si tratta invece di puntare sullo sviluppo e il rafforzamento delle potenzialità della mente. Si va in palestra per essere più in forma, non perché si è deboli. Per quale motivo allenare la mente per ottenerne prestazioni migliori dovrebbe implicare essere scarsi in tal senso? ”L’obiettivo finale, in questo caso, è ottenere come risultato un miglioramento delle performance mentali degli allievi-clienti.
“Il punto è che ci sono piloti là fuori che hanno una brillante autostima e le capacità per coltivarla. Spesso non sono ben consapevoli della sua origine, e nel momento in cui, per qualche motivo, questa autostima viene minata, non sanno più come ritrovarla. Dettaglio importante: quando si ritrova piena consapevolezza di sé stessi, non solo le corse ne avranno un impatto benefico, ma anche tutti gli aspetti della vita – famiglia, lavoro, relazioni…” Se avete mai passato del tempo con un pilota infelice, capirete esattamente da dove viene l’ispirazione di Craig e quale sia la sua missione. La verità è che molti di quelli che si impegnano nelle competizioni ad alto livello, spesso ci investono tutto ciò che hanno: tempo, denaro e sogni.
Ma solo una piccola percentuale raggiunge il proprio obiettivo, e il tempo per arrivare in vetta (e restarci) è davvero poco. Certo, fenomeni di longevità del calibro di Troy Bayliss, Max Biaggi e Valentino Rossi sono stati fonte di ispirazione per quei piloti che puntano a una lunga carriera. Probabilmente saranno i primi ad ammettere che il tempo ha il suo pedaggio; forse hanno dovuto scavare anche più in profondità nella loro psiche per continuare a spingere e vincere contro una moltitudine di rivali affamati di vittorie e determinati a combattere per ottenerle. È una semplice realtà della vita, o forse quei ragazzi sono stati particolarmente benedetti con un atteggiamento mentale più forte che ha permesso loro di andare avanti quando la maggior parte avrebbe gettato la spugna? Chissà. Nemmeno gli scanner ospedalieri più sofisticati possono spiegare come pensa un motociclista o quali parole funzionerebbero meglio per “accenderlo”.
Preparazione totale: il corso
Durante la nostra chiacchierata Craig mi ha pregato di non farlo apparire come uno che vuole vendere le sue prestazioni. È un professionista che si mette a disposizione di chi vuol ottenere una preparazione totale e migliorare le proprie prestazioni mentali. Il punto interessante è che oltre al coaching individuale, di cui si servono vari top rider attualmente in attività, Craig offre anche un corso online (in inglese); coadiuva il tutto con un gruppo su Facebook dove si può parlare di come sta andando il training, lasciare un feedback sui corsi di formazione o semplicemente dare un’occhiata a come procedono gli altri con le loro sfide personali. È lì per chiunque sia coinvolto nelle corse e concentra il pubblico in un unico posto.
Il gruppo è aperto gratuitamente a tutti, basta una richiesta di iscrizione. Il “Craig’s Performance Principles”, invece, è attualmente l’unico corso di formazione online pensato esclusivamente per i motociclisti. È stato provato e testato con piloti delle serie più impegnative del pianeta, proprio per aiutarli a portare le loro abilità in gara a un livello superiore. Il corso dura otto settimane e consiste in un video di formazione giornaliero, online, di 10 minuti. Le informazioni chiare, dirette e concise vi tengono completamente impegnati con la massima attenzione, per ottimizzare l’apprendimento.
Il corso inizia con approfondimenti sul funzionamento dei meccanismi della mente; passa poi a preparazione e attivazione, input sensoriali, definizione degli obiettivi, volontà e interazioni. Alla fine di ogni modulo, c’è l’opportunità di ricevere una telefonata di coaching individuale con Craig per discutere dell’allenamento della settimana, parlare di come è andato il lavoro svolto, di quanto sia stato aderente alla propria realtà e di come poterlo applicare alle gare della stagione.
In parole povere, è un’ottima piattaforma per allenare e sviluppare la propria mente; raggiungendo una totale preparazione cognitiva e fisica. E avendo completato il corso in prima persona, posso dire con convinzione che fa la differenza. Se quello che avete letto vi ha fatto pensare a chi siete e a come guidate in pista (a livello di gare amatoriali o nazionali), una risorsa come Craig può essere una svolta per la vostra carriera.