Premi il tasto Play sulla foto qui sopra per riprodurre il video
KTM regala alla 1290 Super Duke R le sospensioni semiattive e un nuovo suffisso nel nome: Evo. L’ultimo tassello per l’ipernaked da teppismo definitiva? Lore, tra un’impennata di terza e l’altra, ha cercato di scoprirlo…
Testo: Lore Foto: Alberto Cervetti
______________________________
Tiro la frizione e premo il tasto della massa prima di essere del tutto fermo, percorrendo per inerzia gli ultimi metri della piazzola sterrata all’esterno della curva che ho appena percorso diverse volte per le ultime foto di giornata. I sassi crepitano sotto le Bridgestone S22 della KTM 1290Super Duke R Evo, calde, ruvide e consumate come se, anziché al termine di qualche ora di teppismo stradale, fossimo all’atto finale di una giornata tra i cordoli.
Aigor, che è qui con me per altri test che stiamo realizzando per rivista e canale YouTube, mi si avvicina: “Direi che abbiamo finito, facciamo giusto un altro paio di foto statiche, poi possiamo andare.” Non lo sto ascoltando, concentrato come sono sul ripercorrere i lunghi attimi di folle spasso che mi ha regalato oggi l’ultima iterazione di The Beast. “Ehm, sì ok, voi iniziate pure a sistemare le vostre cose. Io vado a farmi un altro giro. Sai, ho un dubbio sul set up più rigido delle WP semiattive.”
È chiaramente una balla. Lo sa anche lui. Ma non importa. Premo nuovamente il pulsante di avviamento, ingrano la prima e sparisco dietro la curva. Sono deciso a godermi un’ultima sparata con questa fenomenale belva arancione e argento.
KTM 1290 Super Duke R Evo: gli aggiornamenti
Quanto scritto finora, dovrebbe avervi già dato un’idea sommaria di che razza di mezzo sia quest’ultima versione della bestia KTM, oltre a farvi capire quanto sia piaciuta al sottoscritto. Prima di scendere nei dettagli, però, è il caso di ripercorrerne velocemente le novità.
E non è complicato essere rapidi: abbiamo un nuovo comando dell’acceleratore ride by wire con 7° di corsa in meno e, soprattutto, delle nuove sospensioni semiattive. Fine. Questo è ciò che vi viene dato in cambio della sigla “EVO” e di 1.860 euro in più rispetto alla semplice R. Tutto il resto è identico. Vale anche la pena di sottolineare come questa sia di fatto una versione aggiuntiva nel listino KTM, in quanto la Super Duke R con sospensioni meccaniche resta a listino, anche se non più in qualità di vertice assoluto della produzione stradale di Mattighofen.
Bestia semiattiva
Dunque il V-twin da 180cv e 140Nm dichiarati, il telaio a traliccio in tubi d’acciaio, i freni Brembo e l’elettronica completissima – a patto di acquistare il Tech Pack optional – restano identici, ma KTM ha voluto finalmente compiere l’ultimo passo che ancora la separava dall’Olimpo delle ipernaked più dotate, aggiungendo al pacchetto delle sospensioni elettroniche uniche.
Uniche non solo per il marchio WP (di proprietà del costruttore austriaco) che le contraddistingue, ma anche perché, tra le nude sportive, si tratta delle sole che agiscono anche sul precarico del mono, che può essere infatti regolato manualmente su 10 livelli diversi, oppure impostato su tre modalità, studiate per adattarsi autonomamente in base al peso rilevato in sella. Quest’ultima possibilità, a dirla tutta, viene sbloccata con l’optional elettronico Suspension Pro, a sua volta incluso nel Tech Pack già citato.
Un appunto a Mattighofen
Ecco, già che siamo in argomento, lasciatemi togliere dallo stivale l’unico sassolino che mi ha lasciato la Evo; così come tutte le ultime KTM provate in questi anni, per scagliarlo proprio in direzione del Brennero. Mi riferisco alla politica commerciale austriaca, per cui, pur facendo uscire di fabbrica una moto già praticamente completa di tutta l’elettronica; buona parte delle funzionalità vanno pagate a parte tramite estensioni software che, di fatto, sono dei codici di sblocco. Posso arrivare a capirlo per le modalità da pista su una 890 Duke standard, ma nel caso della Super Duke si arriva all’estremo di una ipernaked top di gamma da oltre 20.000 euro che, di serie, non avrebbe nemmeno il cambio elettronico.
Non credo di essere l’unico a trovare poco sensata questa faccenda. E l’ho voluta sottolineare in questa occasione, anche per evitare di trasformare il test in una stucchevole sequela di lodi sperticate a una moto che, senza troppi giri di parole, non è possibile definire meno che sensazionale. D’altro canto, tutte le ultime volte in cui l’ho guidata e ne ho parlato, l’unica critica che le avevo fatto riguardava proprio l’assenza delle sospensioni semiattive. E ora, accidenti, ci sono pure quelle…
Assetto on demand: soft vs…
Dunque iniziamo proprio da qui con le questioni di sostanza; il sistema semiattivo di WP mi ha convinto sotto ogni aspetto. Innanzitutto, nonostante la quantità di opzioni selezionabili, mi è piaciuta la relativa semplicità con cui il tutto è organizzato nei menu della chiarissima strumentazione TFT a colori.
Basta imparare dove si trovano i vari sottomenu; dopodiché con qualche pressione sui tasti del blocchetto sinistro si possono trasformare radicalmente l’assetto e le attitudini della Evo. Nei giorni in cui l’ho usata in città, ma anche nei trasferimenti in cui volevo solamente rilassarmi, ho spesso sfruttato la combinazione più morbida possibile, con precarico automatico al minimo e smorzamento su Comfort.
In questo modo la KTM 1290 Super Duke R Evo si trasforma in una specie di hovercraft, imperturbabile sulle sconnessioni e di una gentilezza sconvolgente nel trasmettervi il minimo possibile degli accidenti che passano sotto le sue ruote. Così settata, è talmente morbida che è quasi sorprendente che si riescano persino a fare delle curve.
…aggressivo
Per la guida sportiva, però, è necessario tornare al precarico normale e magari all’idraulica impostata su Street. Così facendo, The Beast 3.0 comincia a manifestarsi; ma è con la modalità Sport inserita che ricorda più da vicino la variante con sospensioni meccaniche, salvo essere più composta nei tratti sconnessi, grazie all’adattabilità insita nel sistema semiattivo. Gli artigli, quelli affilati, compaiono infine selezionando Track. La Super Duke diventa così piatta, rigorosa e agile come fosse il suo alter ego da pista, spronandovi ad andare a caccia di curve da dilaniare col ginocchio a terra.
E nel caso abbiate dei dubbi sul feeling garantito dal primo sistema semiattivo montato su una Super Duke R, beh, fatevelo sparire dalla testa; tutto quel che accade nella porzione della Bridgestone S22 anteriore a contatto con l’asfalto, vi viene trasmesso con chiarezza e puntualità. Al punto da farmi pensare, in alcuni momenti, che l’avantreno sia migliore della sua controparte con forcella meccanica persino nella guida al limite; ma forse questa sensazione è dettata dal fatto che erano alcuni mesi che non guidavo una Super Duke.
KTM 1290 Super Duke R Evo e Tuono V4 Factory
Ciò di cui sono certo, invece, è che, sempre in termini di avantreno, alla 1290 manchino un po’ di quel feeling e di quel senso di connessione puramente racing. Tra le naked ad alte prestazioni, la Tuono V4 Factory è l’attuale riferimento. In questo senso, però, credo che il limite, se di limite si può parlare, stia più che altro nella posizione di guida della KTM; è più eretta, e allo stesso tempo col corpo inserito più “dentro” la moto, con un amplissimo manubrio oltre il quale si vede solo la strada, e non la ruota anteriore.
Insomma, pur più tradizionalmente sportiva che sulle prime generazioni (e molto più “normale” anche di una nuda “motardosa” come la 890 Duke), la postura in sella della Super Duke resta una sua peculiarità, che richiede un minimo di adattamento.
Rimorchiatore da gara
A un certo punto ci prendo talmente tanto gusto e inizio ad andare talmente forte, che provo a spingermi all’estremità opposta delle possibilità del sistema WP rispetto a quella impostata all’inizio. Smorzamento su Track, precarico automatico alto e anti-dive attivato. Ma dopo qualche curva, mi convinco che per l’uso lontano dai cordoli, questa combinazione sia esagerata.
Su un paio di sconnessioni (affrontate, come dire, con allegria…) la KTM accenna un filo di nervosismo di cui prima non c’era traccia; mentre per quanto mi impegni, nelle frenate “stradali” non riesco a trovare benefici nell’anti-dive, che potrebbe avere molto più senso in una giornata di prove libere, dove la violenza delle staccate sale esponenzialmente.
A tal proposito, un cenno va all’impianto frenante; uguale a quello della R, potrebbe essere commentato con una sola parola: perfetto. Trattandosi del meglio prodotto da Brembo per una moto di serie, non c’è nulla di cui sorprendersi; è potente, modulabile e sorvegliato da un ABS tarato alla perfezione, tanto da essere inavvertibile nella guida, anche la più aggressiva.
Essendo le sospensioni l’unica vera novità di questa KTM 1290 Super Duke R Evo, fino a qui non ho ancora speso una parola per il motore, non allarmatevi. Il V-twin e le sue folli doti di spinta sono ancora lì, intatte e ancor più facili da sfruttare grazie all’acceleratore con meno corsa.
In effetti quest’ultimo è solo un dettaglio, ma 7° in meno di rotazione del polso fanno una certa differenza; quando si tratta di spremere il meglio dal propulsore nel minor tempo possibile ma anche quando si tira col coltello tra i denti fra le curve, migliorando la posizione di guida grazie al minor movimento richiesto al polso destro. Se poi a rispondere agli ordini della vostra articolazione c’è un bicilindrico in grado di scaricare a terra la coppia di un rimorchiatore, pur mantenendo un allungo da propulsore sportivo; capirete perché sia così facile finire preda della totale follia della KTM.
L‘inganno Austriaco
Tutto comincia con l’inganno di una motoretta educata, per quanto il sound profondo in arrivo dal terminale Akrapovic optional dia già qualche sospetto del contrario; col riding mode Street inserito, la risposta all’acceleratore è dolce, progressiva e incredibilmente priva di strappi. Lo confermo anche quando ci si avventura al di sotto dei 3.000 giri con una marcia di troppo. Ok, la regolarità di erogazione ai bassi che il 4 in linea di una S1000R mette in mostra sin dal minimo è su un altro pianeta. Il fatto che quei due pistoni grossi come boiler vadano su e giù senza protestare a velocità così basse, ha quasi del miracoloso.
Poi però ci si stufa delle buone maniere, si seleziona la modalità Performance (uguale alla Track, ma che mantiene attive le funzioni utili alla guida stradale, come il cruise control), si imposta l’ABS su SuperMoto e si spegne l’anti impennata. Ed ecco che si scatena il (fantastico) finimondo.
In uscita da qualsiasi curva e con qualsiasi delle prime tre marce, la Super Duke è tra i riferimenti assoluti in tema di monoruota, con quel punto di equilibrio particolarmente alto e la stabilità imperturbabile che assume una volta che lo avete raggiunto, che rendono ogni impennata particolarmente impressionante da vedere da fuori.
Ah, ho parlato delle prime tre marce, ma pure in quarta. Se la strada vi agevola con la sua inclinazione, l’avantreno si alza con esilarante naturalezza. Quando invece capita di non cedere a simili tentazioni, o casomai, per qualche imponderabile motivo, abbiate ripristinato l’anti impennata (che grazie al cielo resta disattivato anche dopo lo spegnimento del quadro); la KTM vi ricorda il suo essere Campionessa Mondiale di spalle disarticolate. Come sempre lo fa con un tiro di una cattiveria inaudita, ma allo stesso tempo sconcertante per la sua fluidità. All’infuori della sella di una KTM 1290 Super Duke R Evo, non esiste altro luogo al mondo in cui la follia sia allo stesso così gestibile ed esilarante.
Quindi, com’è?
Sobrietà, senso della misura, pacatezza. La 1290 Super Duke R è sempre stata un enorme dito medio arancione puntato contro certi concetti da collegio ottocentesco del motociclismo educato. E il bello è che – nonostante negli anni si sia evoluta costantemente in una moto sempre più matura, affilata e sportiva – tutt’oggi conserva questa sua anima da hooligan ignorante e fuori dagli schemi, che è una colonna portante del suo fascino.
The Beast 3.0, che avevo provato per la prima volta in strada e in pista a Portimao appena prima dello scoppio della pandemia, aveva già portato al massimo ognuno di questi aspetti; proponendosi come una ipernaked quasi perfetta tanto per la strada, quanto per la pista. La sua unica colpa? Non avere sospensioni semiattive che le consentissero di esprimere appieno questa natura.
Ora non solo la Evo le ha; alla prova dei fatti si tratta di un sistema persino migliore, nell’ottica della guida stradale, di quelli Öhlins della migliore concorrenza; è quantomeno allo stesso livello in termini di qualità del funzionamento, ma l’aggiunta del precarico che si regola autonomamente, lo rende ancor più capace di adattarsi a ogni scenario di utilizzo.
Salvo il discorso sugli accessori elettronici da pagare come extra e il costante pericolo che corre la patente di chiunque le salga in sella, questa moto non ha saputo darmi il minimo spunto di critica. Sguaiata ai limiti della volgarità, maleducata e vistosa, non è di certo una moto per tutti; lo stesso si può dire per via del carattere strabordante del bicilindrico e della posizione di guida particolare. Di certo però sarebbe la moto per me, una delle mie tre naked preferite in assoluto. Se solo non fosse per gli oltre 23.000 euro di un esemplare come quello in prova…