Forse non lo avete mai sentito nominare, ma Stuart Wood, Capo Ingegnere in Triumph, per 34 anni ha messo mano su qualunque moto sia uscita dagli stabilimenti di Hinckley. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui per chiedergli non solo della nuova Speed Triple 1200 RS, ma più in generale di cosa significhi costruire una moto e… come si arrivi a fare il suo lavoro
Testo: Big Mac Foto: Triumph, Archivio SBI
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“Lezione di vita n° 1: ascoltate sempre e fate sempre attenzione a quello che succede attorno a voi e alle persone con cui siete. Non potete sapere chi potreste incontrare.” Tutte le volte che mi sento mentre ripeto queste parole ai miei figli, le stesse che mio padre mi diceva sempre, finisco a sorridere del fatto che prima o poi tutti ci trasformiamo in quello che erano i nostri genitori, che ci piaccia o no. Quello che non mi aspettavo è che tra tutte le perle di saggezza che mio padre mi ha dispensato negli anni, quella di tenere la bocca chiusa e le orecchie aperte fosse una delle migliori.
Il primo incontro con Stuart Wood, Chief Engineer di Triumph
Durante una presentazione stampa della nuova Triumph Speed Triple 1200 RS (di cui vi abbiamo parlato in un articolo dedicato), mi sono trovato a chiacchierare amabilmente con un tizio di Triumph che durante la mattinata aveva partecipato alla conferenza sulla moto e che poi si è unito a noi giornalisti per il giro.
Eravamo a lato strada in attesa che finisse lo shooting fotografico quando, tutto d’un tratto, in risposta alla mia osservazione su quanto tempo fosse che la Speed Triple è sul mercato, se ne è uscito con un’affermazione del tipo: “Te lo posso dire io… Ho avuto a che fare con ogni moto che è stata prodotta da Triumph negli ultimi 34 anni!” Lì ho realizzato che forse avrei dovuto capire quale fosse realmente il suo ruolo, scusandomi di non averlo fatto prima. “Non ci sono problemi, io non l’ho detto. Sono Stuart Wood e il mio incarico in Triumph è ‘Ingegnere Capo per l’Ingegneria Avanzata’”. E ho anche realizzato che non mi sarei dovuto perdere l’occasione, appena possibile durante la giornata, di fare quattro chiacchiere con quella che è probabilmente una delle figure più influenti dell’industria motociclistica europea.
Da dove tutto è cominciato
“Il mio background ha a che fare con i veicoli da sempre,” mi dice Stuart Wood alla fine del test organizzato da Triumph, quando finalmente riesco a catturarlo per un po’ di relax davanti a un paio di birre gelate. “Mio padre aveva un’officina e io ho avuto a che fare con le auto fin dall’inizio. In origine lui ha cercato di tenermi lontano dalle due ruote, ma è stato impossibile, lui aveva avuto delle moto e non aveva speranze.”
“La verità è che mi ha sempre supportato e ispirato per tutti i miei interessi, in particolare auto e moto. Ma la vera scintilla è scattata quando, ancora ragazzino, mi ha portato a conoscere un suo amico che aveva una moto classica. Me l’hanno fatta provare e… da lì è cominciato tutto.”
L’amore per i motori e l’occasione Triumph
“A 12 anni ero già invasato per le moto, quindi per tutti i miei studi, fino all’università, ho pensato che avrei avuto a che fare in qualche modo con la progettazione di veicoli – anche se in realtà senza grandi speranze di entrare nel mondo delle due ruote, se non come hobby. Ho studiato Ingegneria Meccanica a Coventry, una zona del paese con buone connessioni con il mondo automotive. A quei tempi – parliamo di metà anni 80 – in Inghilterra non esisteva un’industria motociclistica, ma ho avuto un colpo di fortuna quando Triumph ha aperto a Coventry, la città dove vivevo. Conoscevo due persone che ci lavoravano, e mi hanno contattato per una posizione come progettista di motori. Wow! Ovviamente ho accettato l’offerta e ho cominciato con Triumph nel 1987, l’anno dopo aver finito l’università, lavorando sui motori tre e quattro cilindri che venivano prodotti allora.”
“Triumph è sempre stata un’azienda molto attenta all’innovazione, e i progressi delle moto e della tecnologia utilizzata derivano da una fortissima etica del lavoro e da una maniacale attenzione a progettare in funzione del piacere dell’utente finale. Ogni dipendente e collaboratore lavora con lo stesso scopo – fare le cose giuste per l’azienda – e si è parte di un gruppo forte e trainante.”
In definitiva, se volete provare a intraprendere la strada che Stuart Wood ha seguito per arrivare in Triumph, non ci sono scorciatoie: gli studi ingegneristici sono indispensabili, come pure la dedizione al lavoro, la mente aperta, la determinazione a non smettere mai di imparare e di innovare e… un po’ di fortuna.
Cosa significa per Stuart Wood la saga Speed di Triumph?
A Stuart brillano letteralmente gli occhi quando inizio a chiedergli della famiglia Triumph Speed Triple. La dinastia di moto che, lo possiamo affermare senza timore di smentita, è l’icona del marchio di Hinckley, oltre che uno dei suoi principali successi commerciali. Che ricordi ha Stuart Wood del momento in cui in Triumph decisero di progettare una nuova naked così fuori dagli schemi?
“Eravamo all’inizio degli anni 90. In quel momento storico il fenomeno delle moto sportive era praticamente solo stradale. Stavamo effettuando test approfonditi delle Trident 900 e 750 e ci accorgemmo che guidare una tre cilindri senza carena era sempre un gran divertimento e ci stampava un gran sorriso in faccia. Su una naked si sente molto la velocità, più che su una sportiva, ed era un periodo in cui la maggior parte delle moto, non solo quelle ad alte prestazioni, erano carenate.
Realizzammo che girare con una due ruote priva di sovrastrutture e con manubrio alto e largo, ma dotata di un motore potente e con abbastanza coppia da far sollevare l’anteriore in uscita di curva… beh, era semplicemente una figata! Capimmo immediatamente che dotare la Trident 900 di sospensioni, freni e geometrie sportive sarebbe stata una scelta vincente e funzionò. Di lì nacque la prima Speed Triple 900. Era la moto che tutti volevano guidare.”
Fase 2
“La seconda fase fu quando pensammo di usare la sportiva Daytona T595 come base per la prima Speed Triple a doppio faro. Le due moto vennero presentate assieme, convinti però che la Daytona fosse quella più centrata sul mercato di allora – quanto ci sbagliavamo! Da dove nacque l’idea di fare una naked, di fatto, privando delle carene e ‘adattando’ una supersportiva? Beh, era ancora l’era dei bravissimi costruttori di telai speciali, che lavoravano indifferentemente con chi modificava le moto sportive che non avevano una buona ciclistica, o con chi era stato abbastanza sfortunato da avere un incidente con una sportiva carenata, ma non si poteva permettere i costi elevati per i lavori di carrozzeria. Del resto le streetfighter sono nate così: togli le carene e continua a guidare – la T509 è stata influenzata da quel fenomeno.”
“In ogni caso, come detto, non ci saremmo mai immaginati che avrebbe avuto così tanto successo, anche perché a quei tempi il mercato delle naked ad alte prestazioni era poco più che una nicchia. Credo che il segreto di quella moto fosse tutto nei motivi che ci avevano spinti a produrla: la Speed Triple è nata solo perché ci divertivamo come matti a guidare una moto così potente col manubrione e senza carene. E quando qualcuno la provava, la adorava, anche Tom Cruise. Leggenda narra che fu Tom in persona a contattare Triumph per chiedere una Speed da usare nel film Mission: Impossible 2.”
2005: La Speed più rivoluzionaria di tutte
“Per me la Speed Triple ha raggiunto il suo massimo nel 2005, la prima volta che abbiamo provato gli scarichi alti. La moto era caratterizzata dalla sua estetica, ancora con il doppio faro rotondo, ma molto più insolente di quanto non fosse prima, con un motore davvero potente e un’estetica decisamente aggressiva. Senza una Daytona a cui ispirarsi, la terza generazione di Speed Triple fu la prima a essere realmente progettata da zero – e penso che la cosa fosse evidente, specialmente per quello che potemmo fare con la linea. Posso dire che la versione 2005 sia stata la Speed più ‘rivoluzionaria’ di tutte. Talmente azzeccata nelle linee che da lei sono derivate tutte quelle successive. Anche l’ultima, sotto certi aspetti, si ispira al design di quella mitica Speed Triple.”
Costruire una moto al giorno d’oggi
A un ingegnere capo di un’azienda motociclistica del calibro di Triumph come Stuart Wood potrà sembrare una domanda banale, ma io provo a fargliela lo stesso: come si costruisce una moto al giorno d’oggi? Stuart mi sorride con lo sguardo di un padre a cui il figlio ha chiesto di spiegargli la psicologia delle donne, ma poi inizia.
“Una cosa che accomuna tutti i nostri progetti è che devono portare a realizzare moto… ‘belle da guidare’. Poi ovvio, prima di tutto sono motociclette e devono funzionare bene, quindi l’opportunità di aggiungere nuova tecnologia deve essere sfruttata per migliorare il comportamento dinamico senza interferire con la sensazione di purezza di guida e di puro controllo. Lavoriamo tantissimo per aggiungere tecnologia che non sporchi il piacere di guida. È uno dei punti principali della nostra progettazione e oggi tutta la parte di ingegnerizzazione dell’elettronica è un lavoro enorme – difficile quanto progettare un telaio o un motore. E come non bastasse, è un campo in cui bisogna sempre essere aggiornati.”
“Il nostro reparto progettazione è composto da circa 250 persone: progettazione motore, progettazione ciclistica, elettronica e test, tutti costantemente al lavoro per migliorare quello che abbiamo in produzione. Adesso, per dire, stiamo lavorando su cose che non vedrete prima di almeno tre o quattro anni.”
Un ciclo di progettazione senza fine
“Non molti se ne rendono conto, ma il periodo di gestazione normale per una nuova moto – dal primo disegno alla presentazione ufficiale – può arrivare a quattro anni. Tutto quello che disegniamo passa attraverso una routine lunghissima di test rigorosi. Anche quando aggiorniamo una moto, tutto deve passare attraverso gli stessi protocolli di test e sviluppo, come se fosse un prodotto nuovo al 100% e serve molto tempo. C’è molto più lavoro da fare che semplicemente disegnare col CAD, fare un po’ di styling e poi produrre. C’è anche tutta la parte di ingegnerizzazione e industrializzazione, che serve per attivare il processo di produzione avendo la certezza di riuscire a ottenere esemplari in gran numero tutti con la stessa qualità. È un lavoro immenso.”
“Per quanto riguarda i principi generali per la progettazione di una moto, direi che all’incirca sono rimasti gli stessi: è una combinazione di qualità costruttiva, prestazioni, ergonomia, controllo e comodità. Sono tutte caratteristiche molto specifiche per il singolo modello e per le aspettative del pilota, per cui ci concentriamo sempre sull’utente finale.”
“Una cosa interessante da dire è che il ciclo di progettazione, in pratica, non ha una fine. La prima Speed Triple aveva 98cv. Ora siamo a 180cv e questa crescita crea una sfida per la gestione di così tanta potenza. Quindi devi migliorare la ciclistica, poi sul modello successivo aggiungi altra potenza e… non ci si ferma mai, come in un circolo virtuoso. Abbiamo sempre fatto un sacco di calcoli e simulazioni, che nel tempo sono diventati sempre più sofisticati, ma per fare sviluppo servono sempre idee, e avere attorno un sacco di persone positive e con la mente aperta è un aiuto fondamentale, che attualmente nessun computer o software ti può dare.”
Normative Euro: una nuova sfida
Ok, abbiamo capito che, casomai avessimo dubbi, costruire una moto al giorno d’oggi è qualcosa di incredibilmente impegnativo, complicato e dispendioso – in termini di tempo e risorse, umane e materiali. E come non bastasse, c’è anche da fare i conti con le normative Euro sempre più stringenti. Prestazioni contro leggi, son grossi mal di testa?
“Quello delle normative Euro è tutto un altro mondo, in cui ogni cosa deve essere conforme a degli standard imposti – un’altra sfida completamente diversa. Ma va anche detto che per noi sono un ulteriore stimolo: ci danno l’opportunità di rimetterci al lavoro su un modello, approfittandone per migliorarlo.”
“Prendendo la nuova Speed Triple come esempio, ha un motore ad alte prestazioni con intervalli di manutenzione ogni 15.000 chilometri che non richiede il controllo del gioco valvole fino a 30.000 ed è conforme alla normativa Euro 5. Per ottenere certi risultati consideri anche soluzioni che, pur essendo le migliori, sono troppo costose, ma c’è sempre un rapporto costo/prestazioni da mantenere quindi per ottenere ciò che stavamo cercando, non abbiamo potuto spendere a destra e a manca. Sulla 1200RS abbiamo aumentato l’alesaggio e ridotto la corsa, perché il maggior alesaggio permette di montare valvole più grandi e la corsa più corta permette di aumentare il regime di rotazione.
Montando valvole più grandi però, aumenta il peso delle valvole stesse, e quindi va ridotto il peso dell’assemblaggio delle camme. Nonostante sia possibile aprire e chiudere le valvole in maniera convenzionale, è desiderabile che le valvole si aprano più velocemente possibile per massimizzare i tempi di apertura, riducendo però il tempo di incrocio valvole per ridurre le emissioni. Vi è venuto il mal di testa? Beh, non è ancora finita…”
Altre chicche per appassionati di tecnica
“Se vuoi un motore pulito, devi ridurre il lavoro del catalizzatore, quindi abbiamo minimizzato le masse alternative nell’assemblaggio delle camme utilizzando bilancieri con trattamento DLC, per ridurre gli attriti, e montiamo molle ricavate da filo ovale. Sono comunque molle cilindriche, ma il filo ovale le rende più efficienti perché la parte più stressata della molla ha più materiale: le masse sono maggiori alla base della molla, che resta fissa, mentre la parte superiore si muove quanto la valvola stessa. Ridurre la quantità di metallo nella metà superiore della valvola è un trucco per ridurre le masse alternative che ci permette un’apertura e chiusura delle valvole molto veloce.”
“Oltre a questo, si lavora anche sulle dimensioni dei condotti, per ottimizzare il flusso della miscela di aria e benzina e dei gas di scarico, e migliorare le prestazioni. Ma è anche necessaria una buona preparazione della miscela da iniettare nella camera di combustione, per ottenere una combustione più completa possibile. Abbiamo fatto del lavoro di modellazione e scoperto che non conta solo la dimensione delle valvole.”
“Spesso, quando si cerca di ottenere prestazioni elevate, ai regimi più alti conviene avere un incrocio valvole maggiore (il momento in cui sia le valvole di aspirazione sia quelle di scarico sono aperte contemporaneamente): tenendo la valvola di scarico aperta un po’ più a lungo, i gas in uscita aiuteranno a risucchiare la miscela in ingresso. A bassi regimi è possibile che parte della miscela aria e benzina non bruciata finisca nello scarico, situazione che cerchiamo di evitare perché riduce l’efficienza ed è poco pulita.”
Tre, il numero perfetto?
La mia domanda successiva a Stuart Wood riguarda la grande scelta effettuata da Triumph: perché si è concentrata sui tre cilindri?
“È cominciato tutto dalla convinzione che fosse una soluzione ingegneristica ottimale, e col passare del tempo è diventato un nostro segno distintivo. Inizialmente avevamo sia motori a tre, sia a quattro cilindri, e poi c’era la Daytona 600 che era 4 in linea per via dei regolamenti Supersport. Il tre cilindri 675 è stato una decisione razionale per massimizzare le prestazioni del motore entro quelle che, a quei tempi, ritenevamo sarebbero state delle modifiche ragionevoli ai regolamenti da parte di FIM – che permetteva di correre alle bicilindriche 750. Un tre cilindri 675 aveva senso e noi sapevamo che saremmo stati veloci con quel tipo di configurazione.”
“Credevamo fosse la configurazione migliore per unire la coppia di un 750 bicilindrico alla potenza di un 600 4 in linea, ma con un motore comunque molto stretto, grazie ai soli tre cilindri. È un’ottima scelta, e da lì siamo sempre tornati alla configurazione a tre cilindri: ne conosciamo bene l’ingegnerizzazione e dona carattere e prestazioni alle moto su cui è utilizzata. Noi l’amiamo.”
I vantaggi del tre cilindri
“La cosa fantastica delle moto è che si possono progettare in moltissimi modi diversi e ognuno ha i propri vantaggi. Alcuni potrebbero essere estetici, altri prestazionali, altri ancora di ‘carattere’. La scelta originale del tre cilindri per le Daytona e Speed Triple T595 era dovuta alla struttura e al carattere che ci interessava dare alle moto. La struttura è più stretta rispetto a un quattro cilindri e abbiamo messo il telaio sopra il motore per non avere il classico perimetrale molto largo. Siamo anche riusciti a montare i corpi farfallati al centro del telaio, quindi era una struttura molto pulita.”
“È necessario considerare anche dettagli come i corpi farfallati, gli airbox, la posizione della sella e gli angoli dei condotti, tutto allo stesso tempo. La progettazione di una moto è un argomento vastissimo, tutte le componenti interagiscono e sono collegate. Devi considerare l’insieme di tutto quando progetti una moto: ogni singolo particolare potrebbe scombinare qualunque altro componente.”
Triumph farà mai un’altra sportiva?
“Me lo chiedono spesso. Tutto quello che posso dire è che ogni opzione viene sempre tenuta in considerazione, deve esserlo. Il mercato e i gusti della gente cambiano continuamente e si evolvono, quindi dobbiamo fare uno sforzo costante per parlare coi nostri clienti e potenziali clienti con continuità. Teniamo gli occhi aperti.”
Cosa ci riserva il futuro?
“Per quanto riguarda Triumph, siamo sempre totalmente impegnati nel prossimo progetto. Riflettere e guardarsi alle spalle non ti fa andare avanti. Un po’ come la Speed Triple 1200 RS – per me è un discorso chiuso, il suo progetto è stato parte della mia vita negli ultimi anni, ma ora mi sto occupando della prossima moto. Devi concentrarti sul lavoro che ti aspetta.”
“Al momento, è evidente, tutto il mondo automotive si sta concentrando sull’elettrico. Alcuni dei grandi produttori pensano solo all’elettrico, ma secondo me la cosa che può rendere tutto davvero interessante è l’idea delle celle a combustibile al posto delle batterie ricaricabili. Ci sono anche i combustibili sintetici che sono una possibile alternativa forte.”
“Al momento stiamo lavorando sull’elettrico (vi abbiamo parlato del progetto TE-1 Prototype nel nostro articolo dedicato) e potremmo anche produrre delle due ruote elettriche, ma in realtà puntiamo a moto che sappiamo che i nostri clienti vogliono. Inutile fare una moto elettrica solo per poter dire di averla nel listino. Al momento i veicoli elettrici sono molto costosi, troppo costosi. L’intera discussione sull’energia pulita è parzialmente politica e parzialmente economica, ma noi offriremo sempre ai nostri clienti quello che vogliono loro.”
Cosa consiglieresti a un giovane che considera l’ingegneria?
“Ci sono due tipologie di ingegneri: quelli che fanno i numeri e quelli che fanno lo stile. Ma se sei in grado di capire e vedere l’estetica, e comunque capisci i numeri, sei in una posizione di grande vantaggio. Diventa un bravo ingegnere, studia la matematica, capisci prima i principi dell’ingegneria, al punto di poter visualizzare i progetti nella tua testa. Non devi svilupparli nella tua testa perché è un lavoro troppo complicato e ci sono gli strumenti che ti aiutano, ma controllerai il lavoro nella tua testa continuamente. E ricordati di progettare sempre PER il cliente.”
Quale miglior conclusione per questa chiacchierata dello sprone dello Chief Engineer di Triumph, Stuart Wood, a portare la progettazione delle moto al livello successivo? Non ci sono dubbi sul fatto che una delle persone più preparate in Triumph, che ha avuto qualcosa da dire, o addirittura gestito, lo sviluppo di praticamente ogni Triumph moderna, non è solo una persona estremamente intelligente, ma è uno come me o voi: prima di tutto un motociclista, la cui passione è una componente importante di tutti i progetti su cui lavora. Che dirgli se non “Complimenti Stuart… continua così. Noi smanettoni te ne saremo sempre riconoscenti!”