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Motori da 150 e passa cavalli, sospensioni semiattive, pacchetti elettronici completi, spiccate capacità teppistiche… No, non parliamo delle ultime supersportive o supernaked uscite sul mercato, ma delle moderne endurone/crossover da sparo. Che ormai sono diventate abbastanza adrenaliniche e performanti da meritare l’attenzione di noi smanettoni… Ecco dunque la nostra speciale comparativa tra maxienduro da sparo.
Testo: Aigor, Lore Foto: M. Massimi
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Eh sì, ormai è un dato di fatto: le moderne endurone ad alte prestazioni sono le attuali dominatrici del mercato delle moto. Inutile far finta che non sia così. Ed esattamente come quella compagna delle medie cicciottella e brufolosa che ai tempi non degnavamo di uno sguardo, ma che ora, a distanza di anni, scopriamo essersi trasformata in una modella sexy con migliaia di follower su Instagram e pagina OnlyFans, allo stesso modo quei bestioni obesi, spinti da motori spompati e con ciclistiche molli che fino a non più di due, tre lustri fa liquidavamo come roba da turisti tedeschi in pensione, oggi sono diventate moto che, per prestazioni, dotazioni e capacità nella guida all’attacco, non possiamo più ignorare, nemmeno noi di SuperBike Italia.
Comparativa tra maxienduro da sparo: una scelta sensata
Intendiamoci: non vogliamo dire che una moderna endurona/crossover da sparo vi potrebbe garantire sempre e comunque le stesse emozioni e lo stesso divertimento di una race replica o di una supernaked. Ma ormai parliamo di mezzi spinti da motori da oltre 150cv alla ruota, supportati da ciclistiche più che all’altezza e coadiuvati dal meglio della tecnologia disponibile: se avete già la vostra sportiva da pista e volete qualcosa di veramente comodo per viaggiare su strada, oppure, se siete smanettoni da passi di montagna, ma siete un po’ in là con gli anni e non sopportate più tanto di dover guidare sempre esposti al vento (come su una naked) o con polsi e collo indolenziti (come su una race replica), è dura ammetterlo, ma una delle moto che abbiamo in questa comparativa tra maxienduro da sparo può rivelarsi una scelta più che sensata.
Comparativa tra maxienduro da sparo: introduzione
In ogni caso, non vogliamo certo provocarvi una crisi esistenziale, quindi non indugiamo, e passiamo al senso della nostra comparativa. Semplicemente, abbiamo preso le tre endurone/crossover che, per caratteristiche, stile, DNA e pure e semplici prestazioni, sembrano più adatte a soddisfare le esigenze tipiche di uno smanettone. E ovviamente, trovandoci su SuperBike Italia, le abbiamo giudicate dando più peso alla loro competenza nella guida all’attacco e alla capacità di divertire ed emozionare, che non al puro e semplice comfort – in cui comunque ognuna di queste moto eccelle.
Le protagoniste
Partendo dall’Austria, abbiamo dunque la KTM 1290 Super Adventure S, rinnovata per il 2021, ma da sempre apprezzata da noi della redazione per le sue esilaranti doti teppistiche – assolutamente in linea con lo stile del marchio. Da Ducati arriva invece la Multistrada V4S, che già solo per il fatto di essere spinta da un motore che ha molto in comune con quello della Panigale V4, meriterebbe un posto privilegiato in una comparativa di questo tipo.
Per concludere, ecco la BMW S1000XR. L’abbiamo scelta al posto della R1250GS, che non è cambiata rispetto a un test simile che avevamo fatto due anni fa. E in quell’occasione, penalizzata dal sistema di sospensioni con telelever/paralever, la GS aveva mostrato un po’ troppi limiti nell’uso veramente sportivo. La XR, al contrario, supportata da sospensioni tradizionali, con ruota anteriore da 17” e spinta da un 4 cilindri di derivazione S1000RR, è decisamente più in linea coi nostri gusti.
Ah dimenticavo. Per fare le cose per bene, e avere le indicazioni di un vero professionista in merito alle capacità teppistiche di ogni moto, abbiamo fatto partecipare il nostro amico stuntman Christian Sperandii. Che, come vedremo, si è divertito non poco a tirare fuori il lato hooligan delle nostre ragazze.
Ma ora bando alle ciance: allacciatevi il casco, accendete le manopole riscaldabili, e preparatevi a salire in sella con noi.
Comparativa tra maxienduro da sparo: KTM 1290 Super Adventure S
Non ho mai guidato la versione 2021 della KTM, e nel momento in cui sto per salirci per la prima volta, ammetto di essere un po’ prevenuto. Non che la nuova Super Adventure S non mi piaccia – anzi. Seguendo la tradizione delle moto del marchio austriaco, pure questa nuova 1290 vanta linee capaci di distinguerla istantaneamente dalla massa, aggiungendo al tutto un’imponenza e una presenza fisica, esaltata dall’enorme gruppo ottico anteriore, che bastano da sole a incutere rispetto in chiunque guardi. Ed ha anche tanti dettagli – uno su tutti, l’enorme pannello TFT che domina il ponte di comando – che fanno subito capire di essere alle prese con una vera ammiraglia a due ruote.
Il punto è che ricordo di essere rimasto un po’ deluso quando, due anni fa, in sella alla versione precedente, avevo trovato una moto quasi all’opposto di come credevo fosse. Morbida di sospensioni, morbida di motore, morbida di emozioni: la KTM si era rivelata molto più “endurona dura e pura” e molto meno Super Duke R di quanto mi aspettassi.
I principali aggiornamenti
Avanti veloce ai giorni nostri, studiando la cartella stampa di questo modello 2021 noto che a Mattighofen non si sono limitati ad aggiornare all’Euro 5 il loro bicilindrico da 1.301cc e 160cv. Nell’ottica di rendere il pacchetto più agile – e più sportivo – hanno rivisto le geometrie della Super Adventure, arretrando di 15mm il cannotto di sterzo, accorciando il telaio a traliccio in acciaio e allungando il forcellone. Più o meno lo stesso trend di modifiche che, negli ultimi anni, è stato seguito per le race replica e supernaked – ottima notizia.
Anche le sospensioni semiattive WP SAT sono state aggiornate con una nuova centralina di controllo, il telaietto reggisella è stato allungato di 15mm e rimodellato per ottenere una seduta più bassa ed è arrivato il cruise control adattivo, una nuova tecnologia (presente anche sulla Multistrada V4S) che tramite un radar nascosto nel frontale della moto vi consente di viaggiare impostando una determinata velocità e lasciando che sia la moto a gestirla in base alla distanza da chi vi precede.
KTM 1290 Super Adventure S: in città
Molto bene. Scavalco con una certa fatica la KTM (l’impressione di dover salire su un elefante, più che su una moto, è comune a tutti i mezzi di questo tipo) e la sollevo dal cavalletto laterale con altrettanto impegno. Ma una volta che riesco a scaricare il mio peso sull’ampia e comoda sella, la moto si abbassa quel tanto che basta per farmi poggiare almeno la punta di entrambi i piedi a terra, e la situazione prende senso. Con un cruscotto gigantesco, un parabrezza alto e dritto e una zona del serbatoio che sembra fare provincia da sola, se siete appena scesi da una qualsiasi naked o sportiva avete l’impressione di essere passati a un’automobile di grossa cilindrata, che nella vostra percezione rimarrà tale finché non vi metterete in movimento e non supererete quantomeno i 20km/h.
Inutile sottolineare come mezzi di questo tipo non siano il massimo per sgattaiolare nel traffico intasato del centro città. Se non siete alti uno e novanta, anche solo fare una piccola manovra piedi a terra con lo sterzo a fondocorsa richiede equilibrio e una certa prestanza fisica, e per quanto la maneggevolezza della KTM, anche alle bassissime velocità, sia ai limiti dell’incredibile considerandone la stazza, nemmeno con una pistola alla tempia potrei dirvi che sarebbe una buona scelta per il commuting urbano.
In autostrada
Per fortuna l’attraversamento cittadino dura poco, dopodiché il nostro test procede con un trasferimento autostradale di circa 150km, in una fredda mattina, durante il quale, per cominciare, non mi capacito di quanta protezione aerodinamica riescano ad assicurarmi le sovrastrutture della Super Adventure – sia per quanto riguarda il busto, sia per le gambe. Il parabrezza alto e le generose carenature laterali fanno miracoli in questo senso, tanto che, a velocità codice, mi sento comodo e rilassato quasi come se mi trovassi in un’automobile.
L’altra cosa di cui non mi capacito è quanto sia stato infame Lore a dirmi di cominciare con la KTM, che solo dopo aver smanettato per una cinquantina di chilometri sui comandi a manubrio, capisco non essere provvista di manopole e sella riscaldabili. “Ah mi ero scordato di dirtelo. Sulla 1290 sono previste come optional, e su questa non ci sono.” La Multistrada, al contrario, le ha entrambe. Il cruscotto indica 7°, e indovinate chi si è preso la Ducati?
La tirata in autostrada, da lì in poi, prosegue serenamente con vari cambi di moto e l’unico appunto che posso fare alla KTM riguarda la poca intuitività delle regolazioni elettroniche (bisogna perdere tempo a entrare in menù e sottomenù per fare quasi ogni cosa) e il fatto che se si decide di disattivare il traction control (ad esempio, per avere la conferma che pure questa Super Adventure si lasci impennare nelle prime tre marce a velocità ignobili), si disattiva praticamente tutto – compreso il cruise control adattivo. Ovvio, è difficile che durante un monoruota quest’ultimo vi torni utile, ma ormai un sacco di moto permettono di gestire indipendentemente TC, antiwheelie, slide control, ecc., ed è strano che sulla KTM, per disattivarne uno solo, dovete rinunciare a tutti gli altri.
KTM 1290 Super Adventure S: la guida sportiva
Molto bene, ma veniamo alla parte più interessante: com’è la nuova 1290 nella guida sportiva? Dopo circa mezza mattinata e un intero pomeriggio passati a ingarellarci sui percorsi dove solitamente portiamo race replica, naked e tutte le moto da sparo che passano per la nostra redazione, siamo stati d’accordo nel dirci sorpresi da come sia cambiata la KTM. In meglio. Se infatti nei riding mode più soft abbiamo ritrovato la stessa endurona morbida, paciosa e spiccatamente votata al comfort di guida che un paio di anni fa ci aveva lasciati un po’ tiepidi, nelle impostazioni più sportive sembra emergere un nuovo carattere.
Il motore
Il motore, a dirla tutta, rimane il più regolare del gruppo, col bicilindrico oversize che vi mette a disposizione praticamente la stessa spinta dai 3.500 ai 9.000 giri – ottimo per le impennate, come ci conferma Christian. Badate, siamo sempre oltre i 100Nm, e se è vero che la percezione, in sella, è di una potenza meno strabordante (e anche un po’ meno eccitante) rispetto alle due avversarie a 4 cilindri – che pur altrettanto regolari, mostrano comunque un bel cambio di passo dai medi in su – la verità è che la 1290 vi permette di macinare metri di asfalto all’uscita da ogni curva senza farvi ben capire quanto stiate maledettamente andando forte.
La ciclistica
La grossa novità è che ora il pacchetto vi mette a disposizione una ciclistica assolutamente a suo agio nell’assecondare – invece di limitarsi a “tollerare” – i vostri desideri di guida all’attacco. Onestamente non so quanto merito vada ai cambiamenti alle geometrie e quanto alle nuove logiche di funzionamento delle sospensioni semiattive, fatto sta che quei trasferimenti di carico da… endurona, che sul vecchio modello rendevano impegnativo fare le cose sul serio in staccata e in uscita di curva sulla KTM, adesso sono ampiamente rientrati nei limiti di sopportabilità, con la maneggevolezza che, allo stesso tempo sembra averne decisamente guadagnato.
La scelta delle gomme di primo equipaggiamento, delle Mitas Terra Force-R, forse avrebbe potuto essere migliore, ma anche così la Super Adventure, durante tutta la giornata di test, non ci ha mai fatto mancare quel feeling dall’avantreno e quel sostegno ciclistico fondamentali per piegare ginocchio a terra e permetterci di giocarcela negli ingarellamenti con la Ducati e la BMW.
Beh, sì, ho detto “giocarcela” e non “battere”, perché se è vero che la KTM è molto migliorata, la Multistrada V4S lo è altrettanto rispetto alla vecchia V2, mentre la S1000XR, da buona crossover, rimane un po’ avvantaggiata in quanto a uso sportivo. Ma a parte questo, non c’è dubbio che in assoluto la Super Adventure, ora, sia diventata una moto interessante anche nell’ottica della guida all’attacco.
Comparativa tra maxienduro da sparo: Ducati Multistrada V4 S
In oltre vent’anni che faccio il giornalista di moto, credo sia la prima volta che mi capita di essere ansioso e pieno di aspettative all’atto di guidare una nuova endurona. Non pensate male, non è che sto invecchiando. O quantomeno, non è solo quello. Il fatto è che nella comparativa di due anni fa la Multistrada 1260 bicilindrica mi aveva davvero impressionato per come si guidava, con un pacchetto ciclistico sorprendentemente sportivo ed efficace per una moto di questo tipo. Salvo poi non chiudere il cerchio della “perfetta endurona da sparo” a causa di un motore che – pur con tutti i suoi pregi desmodromici – per erogazione, sfruttabilità e puro piacere di guida non si elevava ai picchi dei due acerrimi rivali BMW – il boxer della R1250GS e il 4 in linea della S1000XR.
Gli aggiornamenti
Ma ora la Ducati è cambiata. La nuova Multistrada è spinta da un V4 derivato da quelli della Panigale e della Streetfighter, ulteriormente pompato a 1.158cc, capace di 170cv e 125Nm, e rivisto con una miriade di accorgimenti/affinamenti (tra cui la sostituzione della distribuzione Desmodromica con una tradizionale), studiati per esaltarne al massimo la regolarità di funzionamento fin dai bassissimi regimi. Insomma, sulla carta la nuova Multi V4 dovrebbe avere davvero ciò che serve per proporsi come una specie di belva bruciasemafori, comoda come una endurona e con capacità dinamiche quasi da supernaked. Ecco perché sono così curioso di provarla. E in effetti, lo dico subito, non è tanto lontana da come l’ho appena descritta.
Ducati Multistrada V4 S: in città
Superato l’empasse iniziale derivante dalla stazza e dall’altezza dell’insieme – sotto questo aspetto la Ducati è solo leggermente meno traumatica della KTM per chiunque arrivi da una moto “normale” – la Multi V4, letteralmente, vi coccola nel riding mode più morbido (Urban), con una risposta del motore sempre melliflua, anche ai regimi dove il bicilindrico della Super Adventure sta ancora scalciando (e il 4 in linea della BMW non si è ancora svegliato), e con l’impeccabile lavoro di smorzamento delle irregolarità delle sospensioni semiattive Skyhook. Fin da subito, d’altra parte, la Ducati vi fa capire di non essere nata SOLO per accompagnarvi nei vostri viaggi intercontinentali a velocità di crociera. E lo fa imponendovi una postura leggermente meno rilassata delle altre.
Il manubrio è talmente largo (e meno vicino alla sella rispetto alla KTM) da farvi pensare di essere saliti su una motardona sotto steroidi invece che su una enduro tuttofare, ma a parte questo, le impressioni immediatamente successive sono più che rassicuranti. Il senso di controllo dato dall’ampio manubrio è notevole, con anche una sensazione di connessione più diretta e “vicina” alla ruota anteriore rispetto alle due avversarie. Certo, grossa, alta e ingombrante com’è, nemmeno la Ducati è un granché da guidare in città, ma quantomeno non sussulta come la KTM se vi capita di dare gas a 20 all’ora in qualsiasi marcia che non sia la prima, ed è più dolce e sicura della BMW nella risposta alle piccole aperture col motore sottocoppia.
In autostrada
In autostrada, esattamente come la Super Adventure, la Multi V4S è una di quelle moto che potreste guidare dal mattino alla sera fermandovi solo per fare benzina e pipì. Come dotazioni siamo veramente al top. Ok, l’esemplare del nostro test è un full optional da oltre 26 mila euro, ma in tutta sincerità, quando avete una moto che vi offre buona parte delle comodità di un’auto, col vantaggio di non essere un’auto, certi prezzi diventano più giustificati. Durante il viaggio autostradale non mi annoio un attimo, preso come sono dal mettere alla prova funzioni come il cruise control adattivo (infallibile), il radar di segnalazione dell’angolo cieco sugli specchietti, le manopole e la sella riscaldabili (una vera benedizione se, come me, siete in tuta di pelle e fuori fa freschino…) e un pacchetto elettronico talmente completo e personalizzabile da non avere nulla da invidiare a quello di una race replica.
Ciascuna funzione, tra l’altro, può essere regolata o disattivata indipendentemente, permettendo di cucirsi addosso a piacere ogni sfumatura di comportamento del motore, delle sospensioni semiattive, della risposta al gas, ecc.
Ducati Multistrada V4 S: guida all’attacco
L’estrema regolabilità della Multistrada, a dirla tutta, ci gioca uno scherzo durante gli ingarellamenti mattutini sul nostro percorso di prova. Dopo esserci scambiati le moto un paio di volte e aver già consumato qualche millimetro di saponette, parlando con Lore concordiamo che l’assetto, nel riding mode Sport (il più aggressivo), ci è sembrato comunque piuttosto morbido. Per capirci, più morbido di quello della KTM e della BMW ugualmente impostate nei set-up più sostenuti. Qualche minuto di smanettamenti nei menù di regolazione, ed ecco svelato l’arcano: per qualche strano motivo, di default la Ducati mantiene anche in “Sport” lo stesso assetto di sospensioni della modalità “Touring”.
Ovviamente l’impostazione si può cambiare, quindi scegliamo il set-up più rigido, riproviamo la Multi e: wow! Stabile, sostenuta, quasi “affilata”… se è vero che in Urban la Ducati sa essere dolce e morbida come un gattino, una volta settata per la guida all’attacco si trasforma in una discreta belva che, pur non rinnegando i modi educati (principalmente per merito del motore), sembra incitarvi a strapazzarla tra le curve, reggendo il gioco senza particolari problemi (e indipendentemente dallo stato dell’asfalto, grazie alle sospensioni semiattive) e regalandovi velocità, emozioni e divertimento che, senza esagerare, non vanno nemmeno così lontani da quelli di una supernaked di buon livello.
Il peso, come saprete, non è un’opinione, e con 243kg in ordine di marcia occorre metterci un po’ di fisico per far voltare velocemente la Multi. Ma l’ergonomia aiuta in questo senso, col manubrio larghissimo che da una parte fornisce un braccio di leva favorevole, dall’altra vi porta a spingervi in avanti col busto quando state tirando, caricando l’avantreno e favorendo il feeling nella guida all’attacco.
Ducati Multistrada V4 S: il motore
Detto della ciclistica, che in ogni caso era notevole anche sulla vecchia 1260, il nuovo protagonista dello show è il V4 Granturismo, un motore talmente inappuntabile – per messa a punto, fluidità di erogazione, spinta ai bassi, grinta agli alti, sound, cavalleria, capacità impennatorie… – da farci chiedere se non avrebbe avuto senso usarlo pure sulla Streetfighter V4 – che alla fine, pure lei, si usa soprattutto su strada. In una giornata di ingarellamenti non c’è stata una sola situazione in cui il motore Ducati ci abbia dato un minimo spunto di critica. Dolcissimo nella risposta al gas, anche nella mappatura più aggressiva, pronto ai bassi (potete spalancare senza problemi già a 2.500 giri), nettamente più regolare del vecchio bicilindrico 1260 nel passaggio ai medi, vi mette a disposizione un discreto cambio di passo intorno ai 7.000 e vi consente di insistere con l’acceleratore fino quasi a 11.000.
Insomma, un V4 che sembra unire le migliori caratteristiche di varie configurazioni motoristiche e che, cosa più importante di tutte, vi rende estremamente facile sfruttarlo in tutte le sue potenzialità. Il risultato? Beh, sulla Multistrada un insieme quasi perfetto. Una moto comoda per viaggiare, che vi supporta nella guida sportiva, vi rende più semplice andare forte e, ultimo ma non da ultimo, sa anche eccitarvi.
In definitiva, complimenti a Ducati, con la nuova Multi V4 hanno costruito un mezzo di una completezza incredibile, capace di soddisfare le esigenze una fetta enorme di motociclisti stradali – dai turisti duri e puri agli smanettoni… un po’ più maturi. Davvero difficile fare meglio di così nel campo delle endurone. In quello delle crossover però…
Comparativa tra maxienduro da sparo: BMW S1000XR
Trattandosi della moto in Prova di Durata che ha guidato, impennato e coccolato negli ultimi mesi, raccontando il tutto con dovizia di particolari sulla rivista e su YouTube, Aigor ha pensato che fosse il caso di lasciare a me, Lore, il compito di parlarvi della S1000XR, giusto per variare un po’ la prospettiva. Ed è un compito che accetto ben volentieri, trattandosi di un modello che, sin dalla sua prima versione del 2015, ha sempre avuto un posto speciale nel mio animo da smanettone.
A metà del decennio scorso, l’idea di infilare un 4 in linea da superbike in una moto alta come un’endurona e con la ciclistica di una nuda da sparo, sembrò roba degna del Dr. Frankenstein al risveglio dopo un festino a base di allucinogeni; eppure la ricetta funzionò da subito alla grande. Al punto che, col modello 2020, BMW ha sì riprogettato da cima a fondo la moto, ma senza variare di una virgola l’approccio di base.
BMW S1000XR: caratteristiche tecniche
Il motore è quello dell’ultima RR, privato della fasatura variabile e in grado di erogare 165cv e 114Nm; il telaio in alluminio è stato disegnato ex novo e la completissima elettronica di bordo è basata su una ormai immancabile piattaforma inerziale.
Quando mi viene consegnata la chiave elettronica della XR per la prima volta in questa comparativa tra maxienduro da sparo, ho già passato parecchio tempo in sella a KTM e Ducati tra città, autostrada e statali, e il primo impatto è un po’ diverso dal solito. Finalmente inserita in un gruppetto accomunato dalle proporzioni mastodontiche, per la prima volta la BMW mi sembra… di dimensioni sensate. Al cospetto della perfezione estetica e costruttiva della Ducati, allo stesso tempo, mi saltano all’occhio alcuni dettagli non di pari livello: se l’imponente zona anteriore è affilata e ben raccordata, la coda e la parte inferiore della moto non sembrano aver ricevuto la stessa cura da parte dei designer. La KTM, per dire, nonostante la sovrabbondanza di plastiche non verniciate, riesce a essere più coerente nel suo insieme.
Comparativa tra maxienduro da sparo: in sella alla S1000XR
Pure una volta in sella, le prime impressioni sulla BMW sono abbastanza diverse da quelle di una tipica endurona. La seduta è alta circa come sulle due avversarie, ma il manubrio è nettamente più stretto, basso e vicino al pilota, mentre le pedane, appena più alte, lasciano le ginocchia in una posizione un filo meno rilassata. La sensazione, nel passaggio alla XR dopo aver guidato la KTM e la Multi, è simile a quella che avrei avuto scendendo da una nuda e saltando su una sportiva: i primi istanti servono ad ambientarmi, a riprendere le misure, poi tutto acquista senso e naturalezza. Specialmente se, come il sottoscritto, la prima cosa che siete chiamati a fare alla guida è una serie di curve ginocchio a terra.
BMW S1000XR nella guida sportiva
Il maggior carico sull’avantreno significa avere da subito un feeling più diretto e sincero con la gomma anteriore, tanto che noto immediatamente come mi risulti più facile alzare il ritmo rispetto a quanto non lo sia per Aigor, che ha appena fatto il passaggio inverso salendo sulla KTM. Quando poi la guida si fa ancor più concitata, con frenate, discese in piega e velocità in curva non lontane da quelle tipiche di una supernaked, i vantaggi dell’avantreno da 17”, specialmente coi cerchi forgiati del pacchetto M, e di circa 15kg in meno rispetto alle avversarie, si sommano per rendere la S1000 di fatto imprendibile per moto che, seppur brillanti e insospettabilmente sportive, rimangono pur sempre delle maxienduro.
Sulla BMW tutto avviene più alla svelta, con maggior naturalezza e minor necessità di pianificazione: dai rapidi cambi di direzione, al raggiungimento di angoli di piega da ginocchio a terra, fino alla riapertura del gas in uscita. Ognuno di questi elementi è un chiaro risvolto positivo della maggior sportività di una crossover, e la cosa non mi sorprende. La sorpresa, semmai, è vedere quanto sia comunque impegnativo far rimpicciolire quelle due macchie rossa e arancione negli specchietti – che rimangono maledettamente veloci.
La forma della sella
Nella guida sportiva, una sola cosa stona sulla XR: la forma a cucchiaio della sella, coi suoi bordi alti e rigidi, che quando ci si sporge dalla moto in piega, si infilano proprio là dove non vorresti che si avvicinasse nulla.
Il motore
Grandi lodi invece per il motore, pressoché imbattibile per elasticità ai bassi e precisione della risposta al comando del gas, oltre che in grado di farvi esaltare come su una moto di questo tipo non dovrebbe succedere, per la grinta che esprime nel galoppare agli alti fino a oltre quota 11.000 giri. Sotto questo aspetto direi che il 4 in linea BMW sia persino più eccitante del V4 della Multi, facendo ovviamente a pezzi il pacioso V2 della KTM.
La situazione si capovolge se parliamo di spinta nella prima metà del contagiri. Nonostante il motore della XR resti incredibilmente pieno ai bassi e medi per un plurifrazionato da “soli” 999cc, viene ridicolizzato dalla coppia dei V4 e V2 oversize delle avversarie. Questo non significa che la BMW vada più piano in assoluto, ma nonostante il minor peso, per tenere testa a Ducati e KTM in uscita di curva, non potete permettervi di sbagliare marcia o accontentarvi di guidare sottocoppia.
Comparativa tra maxienduro da sparo: le impennate
Allo stesso modo, pure per quanto riguarda il capitolo teppismo gratuito la XR paga dazio. Intendiamoci, durante la prova siamo stati tutti d’accordo che resti una moto piacevolmente controllabile ed equilibrata su una ruota, ma la Multi e, soprattutto, la Kappa fanno letteralmente un altro sport quando si tratta di puntare l’anteriore al cielo per il solo gusto di farlo, magari tra una curva e l’altra. A patto che abbiate impostato correttamente (o spento) gli aiuti alla guida.
La S1000 ha infatti dalla sua una piccola arma segreta: l’elettronica. Non tanto per la completezza del pacchetto o per la sua efficacia, perché in questo senso tutte e tre le moto di questo test sono al vertice dell’attuale produzione motociclistica stradale. Anzi, alla XR, a dirla tutta, mancherebbe il cruise control adattivo delle altre due. Quello che fa la differenza, sono la razionalità e la semplicità di utilizzo nel 90% delle situazioni, comprese quelle da hooligan.
BMW S1000XR: l’efficienza del pacchetto elettronico
Se è vero infatti che smanettare nei sottomenu è facile quasi quanto sulla Multi, sulla XR difficilmente ci si ritrova a farlo. La modalità Dynamic Pro, selezionabile con l’apposito tasto “mode”, è già pressoché perfetta per la guida sportiva, col traction attivo, l’anti impennata spento e il gas piacevolmente diretto, senza essere inutilmente aggressivo. Se si vuole cambiare la modalità di smorzamento delle sospensioni, bastano due leggere pressioni su un altro tasto dedicato, ed ecco fatto: con due sole impostazioni selezionabili, la BMW copre alla perfezione praticamente qualsiasi utilizzo ne vogliate fare, dalla passeggiata in centro al giro di ricognizione del TT.
E se volete guidare liberi dalle restrizioni dell’elettronica, magari per godervi con semplicità qualche monoruota innescato con la frizione? Esatto, c’è un tasto anche per questo: un paio di secondi di pressione e si spegne tutto. Un altro paio ed è di nuovo tutto acceso. Tanto intuitivo e sensato, da chiedersi perché non sia così su tutte le moto.
BMW S1000XR: in autostrada
Dove la BMW ha perso inesorabilmente punti, invece, è stato al rientro verso la redazione. Dopo le coccole mattutine di Ducati e KTM, percorrere oltre 150km di autostrada su una moto che non prevede di crearvi attorno una bolla di tranquillità mi ha riportato bruscamente alla (fredda) realtà. Il cupolino sportivo optional, per capirci, è così striminzito da lasciare il casco preda delle turbolenze anche a un diversamente alto come me, con i miei 174cm. Per non parlare delle sottili vibrazioni, percepibili chiaramente al manubrio e sulla pedana sinistra: non mi ci sono mai soffermato più di tanto, abituato a valutare la XR come un puro e semplice mezzo di divertimento, ma dopo aver provato nella stessa giornata i modi estremamente “coccolosi” della V4S, ammetto di averle tollerate con un leggero fastidio.
Ma sono piccoli compromessi, a cui bisogna sottostare per poi godersi tra le curve il mezzo da viaggio più simile a una nuda da sparo che l’attuale panorama motociclistico possa offrire. Perlomeno fino a quando arriverà la Multistrada V4 Pikes Peak a cercare di sottrarle questo primato…
Comparativa tra maxienduro da sparo: conclusioni
Se avete letto fino a qua avrete già capito come sono andate le cose in questa comparativa tra maxienduro da sparo – qual è stata la migliore nell’uso sportivo, quale la più comoda, la più versatile, ecc. Ma visto che il nostro obiettivo non era far vendere le loro moto a Ducati, KTM e BMW, bensì aiutare voi a capire quali facciano al caso vostro, vale la pena ribadire qualche concetto per sgombrare il campo da ogni dubbio.
Iniziamo dicendo che con qualsiasi delle tre moto che abbiamo usato in questa comparativa siamo riusciti a percorrere le nostre solite strade da pieghe tirando come matti, facendo ginocchio a terra e impennando a piacimento ogni volta che se ne presentava l’occasione. Sono dunque tutte cose “da smanettoni” che si possono fare in sella a questi bestioni – certo, magari mettendo in conto un po’ più di impegno fisico e qualche adattamento nella guida. Ma non pensiate che, solo perché parliamo di mezzi di una certa stazza, non siano in grado di reggere il passo nell’uso sportivo.
Detto questo, ci sono cose in cui, per ovvi limiti fisici, non possono essere all’altezza delle omologhe proposte nel campo delle supersportive o delle supernaked. Ci riferiamo al puro e semplice senso del divertimento, alla “giocosità” dell’insieme, all’adrenalina, al feeling, alla maneggevolezza nella guida all’attacco – in nessun caso una S1000XR, una Multistrada V4S o una 1290 Super Adventure S, su strada, vi potranno garantire le stesse emozioni, lo stesso godimento e la stessa velocità che, nell’identico contesto, otterreste su una S1000RR, una Panigale V4 o una Super Duke R.
Comparativa tra maxienduro da sparo: tutti i lati positivi delle endurone
Tenendo bene a mente quanto appena scritto, sappiate che ci siamo goduti ognuno dei quasi 500km percorsi dall’alba al tramonto sulle moto di questa comparativa tra maxienduro da sparo, arrivando a casa nettamente meno stanchi e quasi per nulla indolenziti, e andando forte e divertendoci non così tanto meno di quanto avremmo fatto in sella a delle omologhe supernaked o supersportive. Niente male, oltre che per nulla scontato.
In definitiva, se proprio vi siete stufati di stare scomodi in moto, e non ne volete più sapere di semimanubri o moto prive di protezione aerodinamica, prima di abbandonarvi al lato oscuro di una BMW GS o di una tourer dura e pura, provate a farvi un giro su una delle ragazze di questa comparativa tra maxienduro da sparo. Potreste rimanerne piacevolmente sorpresi… proprio come è successo a noi.