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L’avvento dell’elettronica e l’uso di configurazioni motoristiche sempre più flessibili ha reso le moderne SBK Replica gratificanti e godibili nell’uso stradale come mai lo erano state in passato. Allo stesso tempo rimangono degli oggetti di pura pornografia ingegneristica e dei maledetti missili terra-aria. L’unica domanda a cui dobbiamo rispondere con questa comparativa stradale tra supersportive, quindi, è: qual è la migliore?
Testo: Aigor, Lore Foto: T. Maccabelli
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Ok, stavolta non inizieremo quest’articolo col solito pippone su quanto siano diventate godibili le moderne race replica nell’uso stradale. Più che altro perché ormai l’avranno capito pure i negazionisti più irremovibili.
Del resto l’abbiamo detto, ribadito e dimostrato nei nostri test degli ultimi anni. Seppure rimane innegabile che una Supernaked di ultima generazione rappresenti il massimo per divertirsi su un bel percorso di montagna, la storia secondo cui “le race replica sono inutilizzabili su strada” è diventata un cliché totalmente privo di fondamento per chiunque una di queste moto abbia avuto il piacere di provarla.
I segreti delle supersportive nell’uso stradale
I punti di svolta che hanno determinato il “riavvicinamento” delle supersportive all’uso stradale, nello specifico, sono stati tre. Prima di tutto l’arrivo dell’elettronica, in particolare coi Riding Mode, che permettono di trasformare e – volendo – addomesticare il carattere delle moto.
In secondo luogo i propulsori ad altissime prestazioni si sono evoluti, nel senso di favorire la flessibilità e la versatilità d’uso, oltre alla pura e semplice cavalleria. Infine, l’ultima, importante svolta si è determinata con la diffusione delle sospensioni elettroniche semiattive. Di fatto hanno risolto il problema dell’eccessiva rigidità degli assetti supersportivi alle prese con la dura realtà degli asfalti stradali. Un tocco sui comandi e le sospensioni si ammorbidiscono, continuando poi ad adattarsi in tempo reale al mutare delle condizioni (qui potete leggere la nostra comparativa completa del 2019, basata proprio sui diversi sistemi semiattivi di ZX-10R SE, S1000RR e Panigale V4S).
Comparativa supersportive su strada: le quattro protagoniste
Insomma, avrete capito che non ci sono più appigli per continuare a non considerare “praticabile” il divertimento stradale su una moderna race replica. Ed ecco perché anche quest’anno, prima di metterle tutte assieme e scatenarle in pista alla ricerca del record sul giro, abbiamo preso le più fresche e sensate rappresentanti della categoria e le abbiamo messe una contro l’altra nello scenario tipico di una sparata del weekend.
Da un lato la BMW S1000RR, vincitrice della nostra sfida dello scorso anno. A contenderle lo scettro i modelli 2020 di Aprilia RSV4 1100 Factory (cliccando qui trovate la prova completa della versione 2019), Yamaha R1M e Ducati Panigale V4S (qui potete leggerne i dettagli tecnici e le prime impressioni).
Con 20 pagine iperapprofondite, l’articolo completo è il cuore di SuperBike Italia di luglio 2020, in edicola, in versione digitale o acquistabile direttamente qui, sul nostro sito. Nel frattempo, più in alto potete gustarvi il video della prova (ricordatevi di iscrivervi al nostro canale YouTube!), condito da onboard adrenalinici e gag divertenti.
Ma se volete ancora qualche anticipazione in più, qui di seguito trovate le opinioni generali su ogni moto di Lore.
Yamaha R1M: la più estrema
Come sul modello precedente, anche sulla nuova R1 2020 c’è solo una cosa che si può davvero criticare: quei maledetti semimanubri. Sono stretti, chiusi e spioventi come su una supersportiva di 30 anni fa. Con così poco braccio di leva da sfruttare, unito a un carico sui polsi davvero notevole, su strada la Yamaha finisce per risultare più lenta e fisica da far voltare di quanto potrebbe essere grazie al passo corto e ai leggeri cerchi in magnesio. Pure nei trasferimenti autostradali la R1 non brilla, visto che la posizione di guida estrema si accompagna a una sella dura, a un cupolino relativamente basso e all’assenza di qualsiasi gadget votato al comfort.
A far tornare il sorriso, però, ci pensano la spettacolare carenatura in carbonio, lo straordinario carattere del 4 in linea crossplane e una ciclistica che adora la guida all’attacco. Con una curva di erogazione piena e corposa sin dai bassi, il motore rende insensatamente naturale gestire i suoi quasi 190cv alla ruota su un percorso da pieghe. E il sound, dai medi in su, è roba da far bollire il sangue nelle vene. In definitiva, più scomoda ed estrema rispetto alle altre, ma pur sempre una macchina fantastica per tirare su strada.
BMW S1000RR: concretezza ed efficacia
È incredibile come praticamente tutto nella S1000RR funzioni tanto bene in pista, quanto su strada. Il motore a fasatura variabile? Una catapulta che vi spara fuori dalle curve anche a regimi infimi. La posizione di guida? Una fenomenale sintesi tra sportività e utilizzabilità nel Mondo Reale. La ciclistica? Reattiva come un felino sotto cocaina, ma col controllo di un maestro yoga. La BMW era e resta il mio personale riferimento stradale tra le race replica.
Vista anche la presenza di manopole riscaldabili e cruise control, in quanto a comfort l’unica cosa che le manca è una sella morbida come sul vecchio modello; quella attuale è dura quanto quella della Yamaha. Alla fine, l’unico vero appunto che si può fare alla S1000RR, è che le manca la carica emozionale che tutte le altre riescono a esprimere. Rispetto ad Aprila e Ducati ha talmente poca voce da sembrare quasi elettrica, non può vantare la pioggia di carbonio della Yamaha e, a parte i fari anteriori, pure il design sembra tralasciare la forma in favore della pura funzione. Quando si dice “concretezza teutonica”.
Aprilia RSV4 1100 Factory: il sound vale 20k
Credo che almeno 20.000 dei 26.000 euro che Aprilia vi chiede per la RSV4, siano giustificati dal solo concerto di scarico. Dite che esagero? Allora non avete mai spalancato il gas su una 1100 Factory. Men che meno in galleria. È un’esperienza che causa livelli di godimento quasi mistico. Da questa fondamentale considerazione, deriva che gli altri 6.000 euro vi servono per acquistare una delle migliori sportive mai viste su questo pianeta, con il feeling di una moto da corsa e la potenza di un cacciabombardiere, resi relativamente accessibili grazie a una ciclistica ultracomposta e comunicativa.
Su strada, le sospensioni semiattive Öhlins del modello 2020, e in particolare i due set-up più addolciti, hanno reso la RSV4 molto più godibile e a suo agio anche quando non ci sono asfalti perfetti e curve da sogno. Purtroppo a limitarla lontano dai cordoli c’è ancora il mix dato da una rapportatura molto lunga e un V4 abbastanza pigro sotto i 4.500 giri. Al punto che spesso non basta usare la prima per avere immediatamente la spinta che si vorrebbe fuori dalle curve lente.
Ducati Panigale V4S: è ancora lei
Se prima era stupenda, ora la Panigale V4S, con le branchie laterali e le ali della R, è pure oltremodo cazzuta e minacciosa. Nella guida puramente stradale, però, la nuova V4S non è cambiata molto – ed è assolutamente una buona notizia. La posizione di guida, coi manubri larghissimi e la sella relativamente bassa, è perfetta per darci dentro, ma offre discreti livelli di abitabilità e comfort per l’uso disimpegnato. In autostrada, poi, nonostante manchi il cruise control, i chilometri passano in relativa tranquillità grazie all’ottima protezione aerodinamica del maxicupolino.
Ovvio, ben più divertente è far tuonare il Desmosedici Stradale tra le valli. In questo aiutano il feeling nella ciclistica (che arriva piuttosto in fretta), la grande agilità e l’elettronica ineccepibile. Da quest’ultimo punto di vista tutto funziona alla perfezione, ma la cosa migliore è avere solo tre riding mode con set-up chiaramente distinti di sospensioni semiattive, motore e aiuti alla guida. In pratica, a patto che non vogliate personalizzare i singoli valori, basta un dito per cambiare completamente carattere alla moto. La adoro.