YAMAHA R1M

Un po’ come la Kawasaki, la Yamaha R1M, in teoria, dovrebbe iniziare a mostrare i segni del tempo. Ma se è vero che l’ultima grande rivoluzione l’ha subita nell’ormai lontano 2015, nel corso degli anni l’ammiraglia di Iwata è stata costantemente aggiornata con novità sostanziose, che anche se poco appariscenti hanno portato a un’arma da pieghe ancora oggi spettacolare. Sia in pista sia in strada.

Come non bastasse, la Yamaha continua ad avere un paio di fenomenali assi nella manica: il suo motore 4-in-linea crossplane, che di fatto funziona (e suona) come un V4, e un’elettronica semplicemente sublime. Quest’ultima l’abbiamo valutata come la seconda migliore del test, il che significa la seconda migliore al mondo su qualunque moto. Non deve sorprendervi: Yamaha ha detto che è molto simile a quella usata sulla M1 MotoGP del 2012 di Jorge Lorenzo. E chi siamo noi per contraddirli nella nostra comparativa tra supersportive 2022?

Motore crossplane: il V4 che non è

Per quanto riguarda il motore, grazie ai perni dell’albero sfalsati di 90°, l’R1 non ha solo un’erogazione unica e brillante, da vera… “V4-che-non-è”, ma soprattutto – datemi pure dell’immaturo – ha una voce pazzesca, che su strada fa una gran differenza, rendendo la guida sportiva più eccitante e coinvolgente, anche se in realtà state andando allo stesso ritmo delle altre. Del resto, la personalità del motore è il motivo per cui la Yamaha è tra le migliori moto di questo test nella valutazione sul carattere, dietro solo alle due V4.

La cosa ironica è che, all’inizio, su un bel percorso da pieghe, le sensazioni tramesse dall’R1M sono ingannevoli; finché vi limitate a ritmi solo “allegri”, senza tirare troppo le marce e lasciandovi portare dall’onda di coppia, sembra andare più piano di quanto non sia in realtà. Succede soprattutto per la tonalità di scarico, esaltante da morire, ma sempre cupa e rauca anche quando fate crescere i giri. Bisogna guardare spesso il piccolo (e un po’ datato) cruscotto per rendersi conto che quello che ritenevate un ritmo da passeggiata; in realtà è roba da arresto.

Comparativa Supersportive 2022: R1M nella guida su strada

In ogni caso, su strada, anticipare le cambiate è la miglior strategia per andare forte con poco impegno sull’R1. Non solo perché offre tanta spinta (facilmente sfruttabile) già ai bassi e medi regimi, ma anche perché la potenza che arriva nell’arco superiore del contagiri è veramente tanta e, complice un acceleratore molto diretto, vi si offre a portata di polso in maniera piuttosto concitata.

In effetti, come molte moto ride-by-wire non appartenenti alle ultimissime generazioni, la Yamaha non è molto educata nella risposta con la mappatura più aggressiva del gas – la A, in questo caso. La B è ben più dolce, pur erogando la stessa identica cavalleria, e ciò significa che finirete per usarla più o meno sempre, vanificando un po’ il senso di poter scegliere tra varie risposte al gas.

Negli ultimi anni questo è stato un difetto comune a molte Yamaha, ed è stato davvero risolto solo con la MT-09 2021: a questo punto ci auspichiamo di vedere un aggiornamento pure per l’R1.

Ergonomia vecchia scuola

Passando alla posizione di guida, non è tra le più comode, pure giudicandola coi generosi parametri di una comparativa tra supersportive, come questa 2021-2022. È poco naturale, con la sella molto alta che vi fa sentire sopra la moto, non dentro, e quei semimanubri stretti e spioventi, da sportiva anni 90, che ormai solo Yamaha insiste a usare.

La considerazione che abbiamo fatto tutti è che l’R1 debba per forza essere una gran moto se, con un’ergonomia piuttosto criticabile, è così bella da guidare. Per lo meno la sella è ampia, con tanto spazio sia longitudinale sia laterale, e rende facilissimo spostarsi nella posizione giusta per inserire la moto in curva e uscirne con un ottimo feeling dal posteriore. E quando le cose sono facili, di solito sono anche veloci.

Ciclistica semiattiva fenomenale

A meno che non abbiate vissuto sotto un sasso, dovreste ormai sapere come la “M” sia la R1 top di gamma, con carenature in fibra di carbonio, datalogger GPS e forcellone in alluminio non verniciato – cose poco utili su strada, tranne che per l’ego di chi guida. Quello che conta davvero, qui, sono il mono Öhlins TTX36 e la forcella pressurizzata EC 2.0 semiattivi. Una combinazione spettacolare, che rende l’R1M rigida come si vorrebbe quando si comincia a tirare, ma al tempo stesso capace di assorbire le buche.

Una rapida verifica mostra che Yamaha ha settato il sag del precarico a 15mm per il mono e 33mm per la forcella, valori piuttosto morbidi che indicano come sia la funzionalità semiattiva a irrigidire l’assetto quando la strada è liscia, allentandolo quando ci sono buche. Il risultato è un feeling di guida spettacolare, sia che stiate tirando come matti per tenere il passo dei vostri colleghi su un asfalto tipo tavolo da biliardo, sia che vi stiate accontentando di trotterellare di buon ritmo su un percorso sconnesso.

Inoltre, lasciatemelo dire, adoro la facilità con cui l’elettronica mi permette di cambiare completamente assetto alla moto. A un certo punto, dopo che uno dei miei colleghi (che non cito) ha usato l’R1 smanettando (a caso) sulle regolazioni, la prendo io, e appena inizio a darci dentro sento il mono sedersi in accelerazione e non gestire correttamente le gobbe.

Mi fermo per controllare la mappatura delle sospensioni e vedo che è nella modalità più soft – adatta alla pioggia, direi. Nessun problema: un paio di tocchi sugli appositi tasti, un check alla strumentazione e, senza nemmeno togliermi i guanti, l’R1M torna a essere un’arma letale.

Yamaha R1M: i freni sono la nota dolente

Tutto fantastico quindi? Beh, della postura un po’ “particolare” l’abbiamo detto, per cui tocca parlare dei freni. Presi da soli non sarebbero male, e l’ABS è ottimo, non arrivando praticamente mai a interferire nella guida sportiva. Ma questa è una comparativa, e a confronto con gli impianti con pinze Brembo Stylema delle migliori avversarie, è impossibile non notare come i freni dell’R1 manchino di un po’ di mordente, feeling e potenza. Se siete appena scesi dalla Ducati, dall’Aprilia o dalla Honda, la cosa è evidente – ed è un peccato, perché avesse avuto pure lei un impianto Brembo, la Yamaha, molto probabilmente, se la sarebbe giocata per il podio di questo test, avvicinandosi al punteggio finale della BMW.

Comparativa Supersportive 2022: attendiamo aggiornamenti sull’R1M

In conclusione, non si può negare come guidare un’R1M su strada sia un evento memorabile per le motivazioni giuste. C’è un senso di teatralità in tutta l’esperienza, e una volta abituati (e prese le misure) a posizione di guida e freni, il senso di godimento che provate nel percepire il sound del motore e nell’anticipare le cambiate, godendovi il feeling del posteriore e la pastosità dell’erogazione, è roba davvero sublime. Yamaha R1M

E comunque parliamo di una moto magnificamente rifinita, con componenti di alta qualità un po’ dappertutto. Amiamo l’R1M, l’abbiamo sempre amata, ed è tuttora all’altezza di qualunque rivale. Il problema è che la compagnia, in questa comparativa tra supersportive 2022, è davvero speciale. E la maggior parte è più giovane e fresca.

IN PISTA: L’OPINIONE DEL PILOTA TIM NEAVE

Se c’è mai stata una moto da cui mi aspettavo grandi cose nella guida in pista, questa è l’R1M. E sono felice di dirvi che mantiene assolutamente le promesse. Il mio primo pensiero è che è tutto al suo posto: Yamaha ha azzeccato la posizione di sella, pedane e leve. Certo, su strada è un po’ costrittiva, ma in pista è perfetta.

La geometria è corsaiola, molto vicina a Honda e Aprilia, con un grande avantreno. Mi sento collegato alla pista, soprattutto in inserimento e a centro curva, e onestamente devo impegnarmi ad andare davvero molto, molto forte prima di poter fare qualche critica al lavoro delle sospensioni semiattive. A un certo punto mi accorgo che trasferiscono un po’ troppo carico sull’avantreno nelle staccate più violente, vorrei più sostegno dalla forcella, ma succede a ritmi che non credo un proprietario di R1M oserebbe mai sulla sua belva da 26 mila euro…

La risposta iniziale all’acceleratore, nella mappatura A, è troppo aggressiva: la potenza arriva di botto, fatto snervante in punti dove si vorrebbe cambiare direzione a gas puntato – bisogna essere ultra-dolci. E del resto, in pista la risposta con la mappatura B sembra un po’ troppo filtrata per sfruttare davvero al massimo le capacità del motore. L’ideale sarebbe una via di mezzo tra A e B – capito Yamaha? Una volta superata la fase di riapertura, comunque, la potenza è tanta ma dolce: il motore è ricco di coppia e si sente una gran bella spinta. E non riesco a non pensare al rumore che fa quando le si tira il collo: la colonna sonora prodotta dal 4 in linea crossplane è semplicemente epica, al punto da farmi provare pura eccitazione, come in un riflesso pavloviano, all’attesa di ogni apertura del gas.

Elettronica con alti e bassi

Per quanto riguarda l’elettronica, il TC con slide control separato è fenomenale: non mi impedisce di esibirmi in qualche derapata – cosa molto divertente – senza che ne percepisca l’intervento, e allo stesso tempo non è intrusivo, né mi rallenta. Meno bene l’anti impennata, soprattutto all’uscita da certe curve lente: accelerando forte l’anteriore si alza, e solo dopo l’elettronica interviene, anche un po’ bruscamente, tagliando l’accensione.

È come se le logiche dell’anti impennata mancassero di quella parte predittiva che, sulle migliori avversarie, si occupa di gestire e controllare l’alleggerimento dell’avantreno ancora prima che questo si trasformi in una vera impennata. Alla fine il sistema funziona, ma è meno fluido e discreto di quanto si vorrebbe, e questo penalizza tutto il giudizio sull’elettronica.Yamaha R1M

Non ho sentito interventi dell’ABS nelle staccate più violente, il che è una gran cosa, ma i freni della Yamaha, senza troppi giri di parole, non sono al top. Non so se sia colpa delle pastiglie o dell’impianto in generale, ma il mordente iniziale e la potenza frenante non sono all’altezza del resto della moto. Nelle staccate più lunghe bisogna continuare a tirare forte la leva per fermarsi dove si vorrebbe, e questo limita anche un po’ il feeling che servirebbe per sfruttare quella meraviglia di ciclistica che avete a disposizione. Peccato, maledizione, perché per il resto l’R1M in pista sarebbe tra le mie preferite.

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